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Attivisti uccisi nel 2019: i numeri denunciati da Global Witness

Stando ad un report pubblicato dalla Global Witness sarebbero numerosi gli omicidi di attivisti registratisi nel corso del 2019: uccisi perché difendevano, la natura, un’ideale, la libertà d’espressione.

(Getty Images)

Un rapporto agghiacciante quello pubblicato dalla Global Witness, nota ONG operante in tutto il mondo. Secondo un’indagine condotta con estrema puntualità lo scorso anno ogni settimana, in media, quattro attivisti venivano uccisi. Fenomeno che si è acuito ancor più durante il periodo di lockdown.

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Global Witness, numerosi gli omicidi di attivisti nel 2019: America Latina in cima

I Paesi in cui si sarebbero registrati il maggior numero di omicidi di attivisti lo scorso anno sarebbero le Filippine e la Colombia: è lì che si sarebbero verificate la metà delle 212 morti. Un dato agghiacciante, reso ancor di più tale dal fatto che nel 2018 erano 164. Global Witness, già in premessa, però rappresenta che il numero potrebbe essere ancor più elevato e che la maggior parte degli omicidi sarebbe rimasto impunito. L’esempio va al continente Africano, dove la raccolta dati non è stata agevole e dove si è quasi certi che quelli dichiarati, rispetto agli omicidi reali, sarebbero di molto minori.

Il principale indiziato, o meglio il settore a cui queste morti sarebbero collegate, sarebbe l’industria mineraria che avrebbe eliminato coloro i quali si erano schierati a favore del Pianeta e della Natura. A seguire, coinvolto nella strage di attivisti, ci sarebbero gli operanti nel disboscamento, nel comparto agricolo ed infine le gang di criminali. Passando alla vittimologia, il 40% degli attivisti scomparsi apparteneva a comunità indigene.

Il tragico fenomeno, stando a quanto si legge nel report non avrebbe conosciuto freno neppure durante il periodo del lockdown. Anzi. Nel corso della fase piena dell’emergenza, infatti, personalità note nell’ambiente dei difensori della natura sono caduti sotto i colpi della criminalità. Lo scorso mese di marzo sono morti Omar ed Ernesto Guasiruma, uccisi all’interno della loro abitazione.

Le zone in cui si sarebbero verificate le 212 morti

La Global Witness ha rappresentato su di una mappa i Paesi ed il relativo numero di uccisioni.

In Brasile il frangente è agghiacciante. Delle 212 vittime 24 erano appartenenti a tribù del luogo, già ampiamente colpite dalla pandemia. Si ricorda, infatti, che il Paese di Bolsonaro è attualmente il secondo in termini di decessi causa coronavirus.

In Colombia, come premesso, le morti sono state il doppio dell’anno precedente. A determinare il negativo fenomeno, riporta Global Witness gli accordi raggiunti tra il Governo e le Farc che hanno consentito a quest’ultime di ingaggiare una vera  e propria guerra con gli autoctoni. Inoltre, alimenterebbero il mercato della droga, imponendo una conversione dei campi. Fenomeno a cui si sarebbero opposti gli attivisti poi uccisi.

Nelle Filippine, invece, sarebbero ben 48 gli attivisti morti. Tra loro Datu Kaylo Bontolan, indigeno fatto saltare in aria nel corso di un bombardamento voluto dal Presidente per convertire coattivamente delle piantagioni in luoghi atti alla costruzione di industrie.

L’Europa, invece, parrebbe estranea all’inquietante crescendo di morti violente di attivisti. O meglio, nel 2019 le uccisioni sarebbero state2 ed hanno tragicamente visti strappati alla vita due Ranger in Romania che si opponevano alle azioni di disboscamento.

Tirando le somme, stando ai dati del Global Witness oltre 2/3 degli omicidi si sono verificati nell’America Latina, di questi in particolare 33 nella foresta Amazzonica. Il Paese con il più alto tasso di morti, rispetto al 2018, è l’Honduras.

Quanto all’Africa l’impossibilità di ottenere dati certi rende difficile anche una corretta stima. Ciò significa che le morti accertate sono sette, ma potrebbero essere molte di più.

Rachel Cox: “Vi spiego chi ha attaccato gli attivisti”

Rachel Cox, attivista di Global Witness, ha commentato i dati emersi dal report. La donna ha spiegato che le industrie alimentari, petrolifere e quelle delle estrazioni sarebbero gli autori del maggior numero di attacchi nonché le maggiori responsabili del cambiamento climatico.

Le più barbare ed atroci violazioni dei diritti umani si concretizzano proprio nell’abuso delle risorse e quindi nella grande corruzione dell’asset politico. A schierarsi apertamente contro questo perverso meccanismo gli attivisti che pagano con la vita la loro indignazione ed il loro fervente impegno.

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(Getty Images)

Il rapporto di Global Witness consegna una verità choccante.

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