Sopravvissuto al Mostro di Firenze: “Pacciani? Non credo sia colpevole”

Natalino Mele, l’unico sopravvissuto al Mostro di Firenze, ha rilasciato un’intervista alla redazione di Libero parlando di quanto accadutogli.

Pietro Pacciani
Pietro Pacciani (foto dal web)

Il primo omicidio, di quello che è stato ribattezzato come il Mostro di Firenze avvenne nell’agosto del 1968. A cadere sotto i colpi di pistola del serial killer furono due amanti che si erano appartati in auto: Antonio Lo Bianco e Barbara Locci. A bordo dell’auto si trovava anche il figlio della donna, Natalino Mele, scampato ai colpi di pistola e che, secondo la storia del Mostro di Firenze, venne accompagnato nei pressi di una casa dall’omicida in spalla mentre quest’ultimo cantava “La Tramontana“. Natalino che ora ha 58 anni ha rilasciato un’intervista alla redazione di Libero parlando di quella sera e della sua opinione sui colpevoli individuati dalla giustizia.

Leggi anche —> Caso Mario Biondo: la famiglia nomina nuovi esperti, tra cui il generale Garofano

Natalino Mele sopravvissuto al Mostro di Firenze: “Ricordo che furono gli spari a svegliarmi”

Barbara Locci e Antonio Lo Bianco
Barbara Locci e Antonio Lo Bianco (foto dal web)

Tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80, l’Italia è attraversata da una enorme paura. Una psicosi motivata da una serie di omicidi dilatati nel tempo che si consumarono nella provincia di Firenze. Tutto ebbene inizio nella notte del 21 agosto 1968, quando nei pressi del cimitero di Signa, vennero assassinati Antonio Lo Bianco e Barbara Locci. I due si trovavano all’interno di una Alfa Romeo Giulietta che venne avvicinata da un uomo, il quale esplose diversi colpi d’arma da fuoco da distanza ravvicinata. I bossoli delle cartucce repertate dagli inquirenti sulla scena sono calibro 22 Long Rifle Winchester con una lettera “H” punzonata sul fondello. Caratteristica che accomunerà tutti gli omicidi, 16 in totale, compiuti da quello che è stato ribattezzato come il Mostro di Firenze.

All’interno dell’Alfa Romeo Giulietta, insieme ai due amanti che si erano appartati in una strada sterrata, vi era anche il figlio della donna, Natalino Mele di soli 6 anni che dormiva sul sedile posteriore. Natalino, che oggi ha 58 anni, sarebbe l’unico sopravvissuto al Mostro di Firenze, l’unico ancora in vita ad averlo visto in azione. Il 58enne ha rilasciato un’intervista alla redazione di Libero parlando di quanto accaduto quella sera. “Di quella sera –racconta Mele- ricordo pochissimo sono passati cinquantadue anni. Ricordo che furono gli spari a svegliarmi e che vidi mia mamma in una pozza di sangue. Questa immagine fa parte degli incubi che ho ancora oggi“.

Il 58enne prosegue parlando dell’accusa mossa dagli inquirenti al padre Stefano che venne condannato a 14 anni di reclusione, poiché riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere, a cui si aggiunsero due anni per calunnia nei confronti di altri amanti della coniuge. Mele, che ammette di aver visto il padre circa cinque volte in carcere, descrive il genitore come una persona mite che non avrebbe mai potuto compiere un gesto simile.

Libero, in merito, riporta anche un colloquio tra il bambino ed il padre in carcere. “Babbo –dice Natalino al padre- non devi aver paura. Io quella notte non ti ho visto. Non ho visto nessuno. Se lo avessi visto, il mostro mi avrebbe fatto fuori già da tempo“. Il padre a queste affermazioni rispose: “Non potevi avermi visto, perché io non c’ero“. L’uomo prosegue riferendo che tutti in paese erano conviti che fosse stato lui l’omicida dato che era il marito della donna, e sempre lui avrebbe confessato al bambino di essere stato anche picchiato durante gli interrogatori: “Alla fine riescono sempre a farti dire quello che vogliono“.

Il colloquio si conclude con Stefano Mele che spiega al figlio di aver accusato gli zii Giovanni e Pietro perché sarebbe stato il giudice a confonderlo e per convincerlo a parlare gli disse che Natalino era morto ed il cadavere trovato nei boschi.

Natalino Mele: “Credo che Pacciani ed i suoi ‘compagni di merende’ non siano i colpevoli ma, al massimo, dei comprimari”

Anche Natalino afferma di aver subito delle piccole violenze durante gli interrogatori finalizzate ad intimorirlo: “Cercavano di bruciarmi i polpastrelli delle dita con l’accendino per farmi dire, credo, che mio padre era l’assassino“. Mele poi parla degli anni dopo l’omicidio della madre e l’arresto del padre spiegando di aver avuto una vita durissima: prima tra collegi ed orfanotrofi e poi, compiuta la maggiore età, abbandonato a sé stesso.

Infine l’intervista a Libero si chiude con delle considerazioni sul Mostro di Firenze. “Credo –spiega Natalino- che Pacciani ed i suoi ‘compagni di merende’ non siano i colpevoli ma, al massimo, dei comprimari. Chi ha ucciso era una persona colta con una mira infallibile, basta pensare che sparò al buio a quel giovane che cercava di scappare dalla macchina“.

Leggi anche —> Omicidio Marco Vannini, inizia il nuovo processo: le parole dei genitori

Amanda sorvegliante
(foto dal web)

Mele conclude affermando di pensare, in merito al colpevole, che vi fosse qualcuno molto vicino agli inquirenti, colto ed in grado di poter cambiare le carte in tavola.

Se vuoi essere sempre informato in tempo reale, seguici sulle nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter.

Gestione cookie