Attore e regista di Sala Consilina Nello Mascia è noto per grandi ruoli in pellicole come “La cena” di Ettore Scola con Vittorio Gassman e per il grande impegno teatrale
Nello Mascia ha iniziato la sua carriera con attori del calibro di Pupella Maggio e Ugo D’Alessio. È approdato da giovane nella compagnia di Eduardo De Filippo. Ha parlato del grande commediografo napoletano, oltre che dei prossimi progetti in cantiere e della sua carriera in un’intervista concessa a Yes Life Magazine.
Quali suoi progetti e spettacoli teatrali dovevano vedere la luce ma con il lockdown sono stati sospesi e rimandati?
“Ero impegnato con la regia Carosone l’Americano di Napoli un omaggio al grande musicista in occasione del centenario della nascita. Un musical molto laborioso. Chissà quando lo riprenderemo”.
Quest’emergenza sanitaria quanto ha tolto al teatro?
“Il teatro è stato il settore più ignorato e danneggiato. La condizione della cultura in Italia dopo questo periodo di lockdown è quella di un Paese profondamente arretrato. C’è da vergognarsi rispetto alla considerazione della cultura in confronto ad altri Paesi europei.
In particolare c’è una contraddizione tecnica. Sono stati concessi i permessi agli eventi sportivi, fondati sullo scontro fisico, dove si manifesta l’essenza del corpo. Oppure al mare si nota che gli ombrelloni sono a normale distanza. I ristoranti giustamente fanno quello che gli pare per ritornare a una normalità. In tutto ciò, si impongono al teatro disposizioni assurde, come il distanziamento fra spettatori in platea e addirittura fra attori sul palco. Nessuno può negare l’epidemia e i suoi morti, ma o c’è l’emergenza, e allora stiamo tutti chiusi in casa, oppure se siamo in una nuova fase, le stesse regole devono valere per tutti”.
Da ragazzo recitò con il grande Eduardo De Filippo, cosa le ha insegnato il maestro e cosa ricorda di lui?
“Eduardo è l’uomo più saggio che io abbia mai conosciuto. Non sbagliava mai. Le sue decisioni anche quelle apparentemente più impopolari erano giuste. Mi ha insegnato il rispetto dei ruoli, che è una regola da applicare non solo in teatro ma anche nella vita”.
Cosa ha spinto Nello Mascia a fare l’attore?
“A tredici anni mio padre volle portarmi al Mercadante. Si dava una commedia di cui non ricordo il nome. Quello che ricordo è che eravamo cinque spettatori. Compresi io e mio padre. Ci sistemammo in poltrona. Si fece buio e dal sipario chiuso uscì fuori un vecchietto molto simpatico e dal fare molto autorevole che disse più o meno così: ‘Questa sera, secondo una consuetudine teatrale, essendo gli spettatori in sala inferiori per numero agli attori in palcoscenico, potremmo non fare lo spettacolo e restituirvi il costo del biglietto. Ma non lo faremo. Noi questa sera faremo un’altra cosa. Faremo per voi il più bello spettacolo della nostra vita”. Ecco: quel vecchietto era Sergio Tofano. Se qualcuno mi chiedesse quando ho deciso di fare l’attore, credo che risponderei: in quella magica affascinante memorabile sera del Mercadante”.
“Il teatro è vita, la vita è teatro”: è d’accordo con questa frase?
“Il teatro è un atto d’amore. Lo diceva Strehler e io sono d’accordo con lui”.
Quanto è ancora importante al giorno d’oggi fare teatro?
“Più che importante, è necessario. È necessario che gli uomini si incontrino e dialoghino fra di loro. Il teatro è un luogo dove la gente si incontra. C’è chi racconta una storia, chi quella storia vuole ascoltarla. Un luogo di aggregazione civile dove si racconta e si ascolta. Dove ci si incontra da cittadini. Per crescere insieme dal punto di vista culturale e sociale”.
Ha recitato anche in molti film: qual è per lei la differenza sostanziale tra cinema e teatro?
“Nel cinema l’attore è uno strumento. In post produzione il regista, il montatore, il produttore possono cambiare di sana pianta un film. Eliminare del tutto o in parte un personaggio, valorizzarne un altro. In teatro l’ultima parola spetta all’attore”.
Quali sono i suoi prossimi progetti in cantiere?
“Ora andremo in scena con Viviani per strada. Poi a ottobre sarò al Piccolo di Milano con The red Lions un testo di Patrick Marber”.
Qual è il sogno più grande di Nello Mascia?
“Vivere in un Paese dove ci sia più giustizia sociale”.
Ci sarebbe anche dovuto essere l’omaggio per i 70 anni dalla morte di Raffaele Viviani al Teatro Trianon. Nello Mascia ha spiegato che si farà a fine settembre di quest’anno. L’attore ci ha presentato il progetto che andrà in scena:
La strada è la naturale fonte di ispirazione delle opere di Raffaele Viviani.
Le vie, i vicoli, le piazze. E’ lì che l’autore osserva e coglie gli umori più genuini del popolo per poi trasferirli nelle sue composizioni.
I personaggi vivianeschi sono nati lì. Hanno una precisa sistemazione storica.
Vivono lì in quelle architetture potenti inghiottite nei vicoli oscuri e profondi.
Sono nati lì in quel preciso tempo.
I loro problemi sono di ordine pratico, i piccoli problemi di vita quotidiana, di vita radicata quasi al “rione”, più che a tutta la città. In un impeto quasi animalesco. Ed è proprio questa animalità che rende universale e simbolico tutto il teatro vivianesco
Nei primi anni della sua produzione drammaturgica Viviani intitolò molte delle sue opere con i nomi di quelle strade e di quelle piazze in cui più intensa e clamorosa si svolge la vita cittadina e in cui la lotta per la sopravvivenza risulta con più drammatica o anche con più comica chiarezza.
I protagonisti di questa vita che pullula nelle strade sono uomini e donne che sbucano dai vicoli e tirano a campare l’esistenza a furia di espedienti e di invenzioni.
In occasione del 70° anniversario della scomparsa del grande Stabiese il Teatro Trianon Viviani intende rendere omaggio a Viviani restituendo a quei personaggi i luoghi della loro originaria ispirazione.
VIVIANI PER STRADA
E’ il progetto di Teatro Itinerante che abbiamo immaginato.
Il Progetto trae anche ispirazione dalle riflessioni che l’operatore teatrale è portato a fare per immaginare un’offerta di “teatro possibile” per ripartire in questi giorni in cui è fondamentale la salvaguardia della salute pubblica.
Il Progetto nasce in linea con le recenti disposizioni governative che privilegiano un’idea di proposta teatrale prevalentemente in spazi all’aperto con un numero limitato di spettatori e l’ opportuno distanziamento fisico fra essi.
Quindi tutto sarà pensato nel rispetto delle norme che saranno prescritte dalle istituzioni.
La delimitazione degli spazi prescelti per il nostro progetto e il rispetto delle norme di distanziamento saranno prioritari per l’attuazione del progetto stesso.
Abbiamo immaginato di rappresentare tre opere di Raffaele Viviani datate tutte 1918.
Due opere intitolate a due zone di Napoli idealmente collegate fra di loro e adiacenti alla Piazza Calenda, sede del nostro Teatro Trianon Viviani che aspira ad essere il punto di riferimento culturale e sociale, la calamita di tutto quel perimetro che accoglie la popolazione dal Vasto a via Foria.
due tappe. Per il nostro percorso. Piazza Ferrovia e Porta Capuana.
Per la prima tappa Il pubblico si darà appuntamento in Piazza Ferrovia.
Da definire il luogo in cui sarà possibile realizzare l’evento. E come delimitare la zona per la rappresentazione.
Molto fascinosa l’idea di rappresentare l’atto unico all’interno della Stazione.
Ma anche lo spazio che delimita la piazza con la Duchesca potrebbe essere interessante.
Gli attori e i musicisti arriveranno su un carro-furgone.
Accoglieranno il pubblico con canti e disporranno i loro attrezzi di scena.
Agiranno prevalentemente in strada. Con il dovuto distanziamento. Qualche agile pedana all’occorrenza. E daranno vita alla prima rappresentazione.
PRIMA TAPPA
PIAZZA FERROVIA
L’atto unico vivianesco rappresenta il variopinto mondo che ruota intorno alla piazza.
La vicenda ha come protagonista Concettina che sta per cedere alle lusinghe di Don Alberto uomo senza scrupoli che la porterà alla rovina.
Ma la ragazza riuscirà a sottrarsi grazie al tempestivo avvertimento di Nannina (personaggio che presenta sorprendenti somiglianze con la brechtiana Polly Peachum) ormai vinta e rassegnata al suo amore disperato e alla sua vita perduta.
Come sempre fa da corona ai protagonisti un coro di personaggi fra cui emerge quello del Magnetizzatore, una sorta di anticipatore del Sik-Sik eduardiano.
Alla fine dell’atto unico gli attori monteranno i pochi attrezzi sul carro e inviteranno gli spettatori a seguirli lungo le strade della Duchesca.
Sono le strade de ‘O SAPUNARIELLO.
Che sbucherà magicamente da qualche parte e guiderà gli spettatori – se le condizioni lo consentiranno – in questo inconsueto itinerario per i vicoli che da Piazza Ferrovia conducono a Porta Capuana.
Luogo deputato alla seconda tappa del nostro viaggio vivianesco.
SECONDA TAPPA
PORTA CAPUANA
E’ la piazza storicamente nota per il suo fantasmagorico mercato all’aperto.
Un’umanità variegata fatta di squallidi venditori al minuto e pescivendoli truffaldini che esprime il proprio sentimento di solitudine e di rabbia nei confronti del proprio destino di povertà, ma dotata anche di una spiccata autoironia.
Significativa fra gli altri la figura mesta e affamata de ‘O Tammurraro con i suoi tamburelli in bilico sul capo, che cerca di vendere con molto insuccesso quegli strumenti di balli di canti e di feste a una umanità che non ha nulla da festeggiare.
Ma su tutti domina il personaggio di Don Ciro ‘o capitalista. Sordido usuraio con l’aria fatale di bellimbusto.
La folla vuole quasi linciarlo quand’egli con il revolver in pugno insegue il marito della donna su cui lui ha messo gli occhi addosso.
Un banale fatto di cronaca diventa occasione perché la “piazza” si riassuma in “coro”.
Il coro, già. Che alla fine è il vero protagonista della commedia.
Irromperà il PAZZARIELLO che chiude l’atto unico vivianesco.