L’ex direttrice del carcere di Reggio Calabria Maria Carmela Longo è finita agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Maria Carmela Longo, ex direttrice del carcere di Reggio Calabria è finita agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pubblici ministeri l’ex direttrice del carcere avrebbe favorito alcuni detenuti collocati nel circuito “alta sicurezza”, indagati o imputati per 416bis o per reati aggravati dalla modalità mafiosa.
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‘Ndrangheta, ai domiciliari ex direttrice del carcere di Reggio Calabria: avrebbe favorito alcuni detenuti
Concorso esterno in associazione mafiosa, questa l’accusa che ha fatto scattare le manette per l’ex direttrice del carcere di Reggio Calabria, Maria Carmela Longo, sottoposta alla misura degli arresti domiciliari su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia (Dda) Stefano Musolino e Sabrina Fornaro. Stando a quanto riferito dalla redazione de Il Fatto Quotidiano, la donna, secondo l’accusa, avrebbe favorito alcuni detenuti della casa circondariale ‘Panzera’ collocati all’interno del circuito “alta sicurezza“, indagati o imputati per 416bis o per reati aggravati dalla modalità mafiosa. Tra questi vi sarebbe stato anche l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare ed imputato nel processo Gotha che si sta svolgendo presso il Tribunale di Reggio, ed altri soggetti che sarebbero affiliati alle principali famiglie mafiose di Reggio Calabria.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti esisteva una “una sistematica violazione delle norme dell’ordinamento penitenziario e delle circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria” e l’ex direttrice avrebbe permesso ad alcuni detenuti di incontrare i loro familiari fuori dalla casa circondariale e oltre i limiti previsti nella disciplina dei colloqui.
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Nel capo di imputazione, come riferisce Il Fatto Quotidiano, si legge che l’ex direttrice individuava i detenuti “da autorizzare all’espletamento del lavoro intramurario, nonché quelli da indicare al magistrato di sorveglianza per l’espletamento del lavoro esterno”. Infine la Longo avrebbe consentito la collocazione nelle stesse celle di alcuni detenuti del circuito di Alta sicurezza “legati da rapporti di parentela o appartenenti allo stesso sodalizio criminoso“.
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