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Covid 19

Covid19. Le testimonianze dei turisti in Sardegna. “Siamo prigionieri”

Covid19. La Sardegna è stata presa d’assalto da turisti, vip e non. Adesso è un focolaio enorme di nuovi casi. Ecco alcune testimonianze

Sardegna Covid Dalla Chiesa Foto dal web

L’esplosione di un focolaio di Covid19 all’interno del Billionaire, la platinata discoteca dei vip a Porto Cervo di proprietà di Flavio Briatore, ha acceso maggiormente i riflettori sulla questione Sardegna.

L’isola, infatti, grazie alle sue località da sogno, è stata la meta gettonata di moltissimi turisti che, asintomatici e non, furbetti e non, hanno portato a spasso il virus, noncuranti delle disposizioni di sicurezza imposte dallo Stato Italiano.

Solo il Billionaire infatti conta già più di 60 contagiati, compreso il proprietario ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano. Quante ancora però sono le persone da controllare? Quante invece ignorano i sintomi e non si stanno facendo trovare?

Il Corriere della Sera ha raccolto le testimonianze di alcune persone che stanno seguendo tutti i protocolli e che adesso si trovano confinate in Sardegna, diventata una prigione di lusso e a caro prezzo.

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Covid19. La Sardegna è una prigione di lusso

Anna (nome fittizio lasciato da una ragazza) lamenta i sintomi da Ferragosto. Non sente più i sapori. Ha fatto la Social Media Manager per uno dei locali più in vista di Portorotondo. “Ho seguito scrupolosamente tutte le regole. Indossavo la mascherina, stavo vicino alla cambusa e non avevo grande contatto con il pubblico. Eppure sto male. Chissà dove l’ho preso, c’era gente ovunque. Farò il tampone ma se è positivo, come credo, sono bloccata qui.”

Altre due ragazze vivono lo stesso sconforto. Hanno passato la loro vacanza in una villetta in affitto a Porto Cervo e adesso sono recluse ancora là, continuando a pagare. Sono amiche di una terza persona risultata positiva. “Le forze dell’ordine vengono più volte al giorno per controllare che non usciamo. Sembra un film di fantascienza. Hanno la tuta bianca total body e una sorta di casco protettivo. Ci arriva la spesa dall’ Asl. Siamo andate a ballare ma era consentito. E’ colpa nostra se poi hanno cambiato idea?”

Giancarlo Morelli, chef del Phi Peach in Costa Smeralda dice: “Mi hanno fatto il tampone promettendomi l’esito entro 36 ore. Ancora non ho il risultato dopo 5 giorni. Sto bene ma se avessi un colpo di tosse sarei terrorizzato.”

Sei giovani sono ancora reclusi in un campeggio a Cannigione. “Dovevamo tornare a casa il 19. Poi delle ragazze che avevamo frequentato durante la vacanza ci hanno detto di essersi scoperte positive al loro rientro. Potevamo stare zitti, non avremmo perso nè i soldi, nè l’opportunità di tornare dalle nostre famiglie. Invece ci siamo autodenunciati. Tre di noi sono anch’essi positivi, tre no. Tuttavia ci hanno spostati tutti insieme in una casa. Dobbiamo aspettare chissà quanto. Il nostro lavoro? L’università? Come faremo? Ci stiamo rimettendo solo noi.”

Il governatore della Sardegna, Christian Solinas, è imbufalito. Si dice contrario ai tamponi in uscita dall’Isola quando, anzitempo, aveva chiesto quelli in entrata per coloro i quali venivano a visitarla. “Che senso ha fare i tamponi a chi viaggia da Olbia a Civitavecchia quando lasciamo entrare chiunque senza alcun controllo?”

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La soluzione unica adesso per chi deve fare rientro a casa sembrerebbe quella di programmare degli spostamenti blindati e protetti per i positivi per evitare l’ulteriore propagazione del contagio.

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