Elena Ceste: la donna scomparsa da Costigliole d’Asti e ritrovata nove mesi dopo, casualmente, non lontano dalla propria casa
Risale al 23 gennaio del 2014 la scomparsa di Elena Ceste, la donna trentasettenne scomparsa da Costigliole d’Asti lasciando un marito e quattro figli. Le ipotesi intorno alla sua scomparsa vanno dall’allontanamento volontario al suicidio, fino all’omicidio. Il ritrovamento del corpo, immerso nel fango del Rio Mersa, avviene solo il 18 ottobre, a pochi chilometri dalla sua abitazione.
A denunciare la scomparsa della moglie, il marito Michele Buoninconti le cui dichiarazioni, spesso false e contraddittorie, hanno contribuito ad inserirlo nel registro degli indagati il 24 ottobre. Le testimonianze rese hanno sviato le indagini per lungo tempo e il Buonincontri si è servito anche dei figli per tracciare un quadro famigliare diverso.
A rivelarlo, anche le numerose intercettazioni che ne mettono in rilievo la personalità e il carattere intimidatorio conducendolo, il 29 gennaio 2015, all’arresto per omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere.
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Caso Ceste: il movente dell’omicidio
A far maturare l’idea dell’omicidio nella mente del suo assassino, il livore accumulato per la “condotta” della donna, giudicata evidentemente troppo “libertina“, non adatta alla cura e alla dedizione alla sua famiglia.
Elena, infatti, è giudicata “inaffidabile” in quanto dedita ad intraprendere nuove amicizie e rapporti virtuali extraconiugali, “chattando” al computer. Questo l’avrebbe resa “fuori controllo” e dunque un soggetto da sopprimere. La donna, probabilmente, è stata sorpresa proprio in casa ed è morta forse per asfissia. Prima di gettarla nel Rio Mersa, Buonincontri l’avrebbe denudata, come confermerebbe anche il mancato ritrovamento di resti di abbigliamento.
Ad inchiodare l’uomo, le continue dichiarazioni rese alle forze dell’ordine e/o in televisione, spesso inconciliabili tra di loro, gli interrogatori e le intercettazioni telefoniche rinvenute. Recente la richiesta, da parte dell’avvocato del Buonincontri, di rivedere il processo e di condurre analisi genetiche sui vestiti della vittima ritrovati in giardino.
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Proprio questi reperti potrebbero rilevare la presenza del Dna di una terza persona: una circostanza che avvalorerebbe l’ipotesi – sostenuta dalla difesa – che le minacce, da parte di una persona che poteva rivelare qualche segreto scandaloso sul conto di Elena e dalla quale la donna temeva di essere seguita, si siano concretizzate.
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