Dal significato del suo nuovo singolo, “Mon Amour”, alle riflessioni sull’industria musicale di oggi: Paola Iezzi ha risposto alle nostre domande
Sono passati vent’anni da quando Paola Iezzi, in coppia con la sorella Chiara, ha regalato al pubblico “Vamos a bailar“, uno dei brani più ballati e ascoltati degli anni 2000. Da allora di strada ne ha fatta parecchia. Oggi è un’artista indipendente che non ha timore di seguire le proprie idee artistiche. Abbiamo parlato proprio di questo con lei, di ciò che ha imparato nel corso della sua carriera e della pressione sociale che gli artisti sembrano sentire, oggi più che mai. Ci ha raccontato del suo ultimo singolo “Mon Amour“, che riflette il tema della comunicazione digitalizzata, ma anche dell’emozione di tornare sul palco alcune settimane fa e della volontà di dare maggiore valore al presente.
LEGGI ANCHE -> Renato Zero, un grande progetto per celebrare i suoi 70 anni
Paola Iezzi: “La bellezza, intesa come qualità, per me è un valore autentico e assoluto”
Il tuo ultimo singolo si intitola “Mon Amour” e affronta il tema dell’amore digitalizzato, un rapporto che sembra svilupparsi solo attraverso lo schermo di un telefono. Da dove nasce il desiderio di parlare di questo tema?
Dall’osservazione della realtà. E’ un dato oggettivo che i rapporti umani, le relazioni e la comunicazione stessa, oggi siano scanditi dalla digitalizzazione. Dall’uso, a volte smodato, dello smartphone, dei social e delle app. Mi sembrava un tema più che interessante di cui parlare in una canzone. Ma nella canzone -nata in collaborazione con Stefano Riva e Simone Rovellini- non c’è mai un giudizio etico. La canzone è semplicemente una fotografia, un’istantanea di ciò che è uno scambio comunicativo tra una possibile coppia di oggi. Non importa l’età.
Dal latino al pop, “Mon Amour” unisce musicalmente diversi mondi. Quanto ti senti rappresentata artisticamente da questo brano?
Ho sempre scelto il pop nella mia vita perché sono innamorata di troppi generi per sceglierne uno. Il pop non mi annoia perché può attraversare tutti quanti gli stili che amo, con nonchalance e restare comunque vivo. Sono una che si annoia molto velocemente e facilmente. Ho bisogno di stimoli sempre nuovi, sempre diversi. E il pop mi dà ogni volta l’opportunità di vestire “panni nuovi”.
Nel video musicale di “Mon Amour”, diretto da Paolo Santambrogio, non possiamo fare a meno di notare numerosi cambi d’abito che sembrano studiati appositamente per incastrarsi con il contesto e con il brano stesso. C’è stato un attento studio dietro alla loro scelta?
Ovviamente sì. Prima di girare il video ho pensato al “team” perfetto per realizzarlo. Come faccio ogni volta che affronto un nuovo progetto. E per l’immagine ho deciso di chiamare Masha Brigatti in qualità di Fashion director e stylist. Ci conosciamo da 13 anni e con lei ho lavorato già a molti altri progetti in passato, sia con mia sorella che da sola. L’ultimo lavoro che avevo fatto con Masha prima di questo era “LTM” il brano con MYSS KETA. Masha per me è una sorta di alter ego. Una sorella dello stile. Ha una ottima cultura musicale e non solo di fashion ed è caratteristica per me imprescindibile se vuoi fare pop styling o lavorare con i cantanti come stylist. Abbiamo gusti molto simili. E moltissime reference comuni. Però Masha spesso, riesce anche ad aprirmi gli occhi su nuovi scenari. A volte le idee per le copertine o i video partono da me. Questa volta sentivo di aver bisogno di un input di partenza esterno, perché non ero particolarmente soddisfatta della mia idea iniziale. Ho avuto ragione. Masha mi ha esposto la sua idea mostrandomi delle reference fotografiche e video. Portandomi decisamente lontano da tutto ciò che fino ad allora avevo visivamente immaginato per questo brano. I suoi riferimenti mi sono piaciuti immediatamente, ma ho avuto bisogno di ragionarci un paio di giorni. Passati questi due giorni l’ho chiamata e le ho detto: “Ok, amo l’idea, facciamolo cosi!“. Sapevo anche che Paolo Santambrogio, che avrebbe fatto le foto e il video, sarebbe stato perfetto per il mood proposto da Masha.
Hai registrato anche una versione spagnola di questo singolo, contenuto nell’omonimo EP. Quanto è importante per te tenere in considerazione anche il mercato discografico estero?
Registro sempre, o quasi sempre, la versione spagnola dei miei singoli. Mi piace perché mi piace lo spagnolo. Si presta bene al genere di pop che faccio io. E poi mi piace mantenere una connessione anche fuori dal mio paese. Lo spagnolo è una delle lingue più parlate al mondo e fortunatamente è molto simile all’italiano. Mi piace il suo suono e ho un amico e un fan, che si chiama David, che ogni volta mi dà una mano nell’adattare il testo alla perfezione e controlla tutte le mie pronunce dopo che ho cantato le canzoni.
Il singolo precedente, “LTM”, ha visto la partecipazione di MYSS KETA. Come è nata questa collaborazione?
E’ nata nel backstage di una serata di Gabry Ponte all’Alcatraz dove ero invitata come ospite e Keta era lì come performer on stage. Ci siamo conosciute e piaciute e qualche giorno dopo l’ho chiamata per chiederle se avrebbe avuto voglia di far qualcosa con me. Lei mi ha detto subito di sì. E così abbiamo fatto.
E a proposito di collaborazioni, c’è un artista con il quale ti piacerebbe lavorare nel futuro prossimo?
Non so. Davvero. Siamo nell’era dei feat. E delle collaborazioni. Mi piacciono per carità, ma a volte ho come la sensazione che sia un po’ “too much” e che certe cose siano fin troppo forzate e “gratuite”, senza un senso. Le collaborazioni devono nascere spontaneamente, a mio avviso. Senza costrizioni o retro pensieri, altrimenti si perde l’essenza stessa del perché due artisti si mettono insieme per far qualcosa.
Quest’anno il brano “Vamos a Bailar”, realizzato in coppia con tua sorella Chiara, ha compiuto 20 anni. Avete mai pensato di tornare a condividere il palco? E in questo lungo percorso artistico, qual è stata la più grande lezione che hai imparato, anche nei riguardi dell’industria musicale?
No. Chiara oggi fa l’attrice. E’ felice di questa sua nuova scelta professionale. Ha anche molto talento a mio avviso. Abbiamo due strade separate oggi. Nessuna di noi dimentica ciò che è stato, ma il presente oggi è diverso. Mi auguro che le persone sempre di più lo capiscano e accettino che noi restiamo sorelle e complici nonostante oggi abbiamo due strade separate professionalmente.
La più grande lezione che ho imparato è che un conto è la musica e l’amore incondizionato per essa. Un altro è il mestiere. Oggi il “business” è ridotto all’osso. Dopo il Covid ancora di più. E’ un mestiere animato unicamente dalla passione. Oggi che i guadagni che derivano direttamente dalla musica si sono ridotti al minimo, resiste solo chi ha “sale in zucca”, chi ha tanta voglia di fare ancora questo lavoro nonostante tutto e chi è dotato di grande forza interiore, equilibrio e resistenza.
Credi ci sia una maggiore pressione oggi rispetto ad allora di dover azzeccare a tutti i costi le richieste del momento? Soprattutto in estate si va spesso a caccia dei famosi tormentoni…
C’è sicuramente una grande pressione. Ma è una pressione di tipo sociale. Non parlo della musica. E’ un altro tipo di pressione oggi quella alla quale tutti noi siamo sottoposti. O ci auto sottoponiamo. I social “regolano” le nostre vite spesso e volentieri e le condizionano. Bisogna mostrare una faccia felice, di successo, realizzata, anche se spesso non è così. Questo spinge le persone a essere competitive, ma in un modo “sbagliato”, a provare invidie o gelosie. C’è una rabbia crescente generata anche e troppo spesso dall’esposizione della troppa felicità -spesso finta- o fortune materiali -a volte finte anch’esse perché “prese in prestito”- di alcuni pochi privilegiati. E’ un momento piuttosto complicato, delicato e teso socialmente parlando. Credo che sia necessario un utilizzo più oculato e meno superficiale di un mezzo potente come il social network. Ma siamo ancora agli albori. C’è moltissima strada ancora da fare.
Per quanto riguarda la musica invece non sento nessuna pressione. Anzi, per la verità, l’ossessione di avere successo sui social è talmente elevata che mi par proprio che della musica, e della sua qualità, non freghi più niente a nessuno. Viviamo in un’epoca in cui mi pare che “valga tutto” pur che abbia successo. Per me non è così. Le cose belle sono le cose belle. Le altre lasciano il tempo che trovano. Per me non contano né i like né le visualizzazioni che troppo spesso sono “pimpate” o comprate. Conta solo com’è e come suona un pezzo. Come sono fatte le foto o i video. Contano le idee, che possono essere belle idee o brutte idee. Fine. Per me la bellezza, intesa come qualità, è un valore autentico e assoluto. Ancora oggi dove sembra che siano solo i numeri a parlare.
Qualche settimana fa eri sul palco a Riccione per la serata finale di Deejay On Stage. Il pubblico ha tanta voglia di tornare a vivere la musica live, così come voi artisti. Che riscontro avete avuto in quell’occasione? Credi ci siano le basi per ripartire, con le dovute precauzioni?
E’ stato un momento bellissimo. Io ero emozionata come non lo ero da anni, di essere su quel palco, dopo un momento così difficile come quello che abbiamo passato. La gente è impaurita, sì. Ma ha anche voglia di sentirsi di nuovo “viva” e “normale”. La piazza era piena e non era così scontato. Tutti mascherati seduti e distanziati. Ma i posti a sedere erano tutti occupati. E io per prima mi sono sorpresa. Io credo che le persone abbiano tanta voglia di ascoltare musica e stare insieme. Condividere emozioni e ritornare ad una situazione di serenità quotidiana. Credo anche che molti abbiano compreso il valore del rispetto di alcune importanti regole senza esserne ossessionati. E’ importante mantenere un equilibrio sano rispetto a questa cosa. Sapere cioè che queste regole ci sono e rispettarle, senza farsi nevrotizzare da esse, mettendole in pratica in modo nevrotico e ossessivo anche laddove non occorra. Si tratta solo di avere un po’ di buon senso e utilizzarlo.
La musica e lo sport sono del popolo. E al popolo devono tornare. Pian piano mi auguro che tutto tornerà a scorrere. Ma sono positiva in questo e ho molta fiducia nell’intelligenza di molti.
E ora cosa riserva il futuro per Paola?
E chi lo sa. Il futuro lo si scrive giorno per giorno. Questa esperienza del Covid mi ha insegnato che il tempo per i programmi a lunga scadenza, è terminato. Oggi bisogna dar maggior valore al presente e viverlo più consapevolmente. Meglio e più intensamente. “Del futur non v’è certezza”, come scriveva qualcuno molto molto tempo fa.
Video Mon Amour – Paola Iezzi
FEDERICA DI MARCO
LEGGI ANCHE -> Intervista ai Jalisse: “Non aver paura di chiamarlo amore”
Se vuoi essere sempre informato in tempo reale, seguici anche sulle nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter