Con il Bonus POS o cashback è stato introdotto un meccanismo fiscale che dovrebbe rendere interessanti e convenienti i pagamenti tracciabili sia per i commercianti sia per i consumatori.
Lo scopo ultimo dell’intervento è quello di incidere sulle operazioni “in nero” rendendole meno attraenti e quindi, in definitiva, ottenendone una diminuzione.
Questo in primis perché le operazioni non dichiarate vanno di fatto esenti da qualsivoglia imposizione fiscale, in secondo luogo perché è in buona parte la criminalità organizzata (e non) a svolgere operazioni non dichiarate, per ovvi motivi.
Nel frattempo, è entrato in vigore dal 1° luglio scorso il nuovo limite di 2mila euro per i pagamenti cash (che diventerà di mille euro da gennaio 2022).
Esaminiamo i due angoli visuali della misura.
Da un lato è stato introdotto un credito d’imposta al 30% per i negozianti che si applica esclusivamente alle cessioni di beni e prestazioni di servizi resi nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020, a condizione che i ricavi e compensi relativi all’anno d’imposta precedente siano di ammontare non superiore a 400.000 euro.
Ovviamente ciò vale a patto che le transazioni siano effettuate con strumenti di pagamento tracciabili (carte di credito, bancomat, carte prepagate ecc.).
Dall’altro, esiste anche il c.d. “Cashback di Stato” per i consumatori.
In pratica, gli acquisti effettuati con metodi tracciabili (carte di debito o credito e app) sono in parte rimborsati dallo Stato.
Il bonus annuale massimo potrebbe arrivare a 300euro.
Inoltre, per per potervi accedere, con tutta probabilità, sarà introdotta una soglia minima di acquisti.
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Il bonus sarà riconosciuto a fronte di operazioni commerciali, effettuate con metodi tracciabili, di varia natura: dalla spesa presso parrucchieri e centri estetici, alle consumazioni presso i bar oppure ai vestiti o agli elettrodomestici.
Ad oggi sono invece esclusi gli acquisti online forse perché le transazioni in tale ambito avvengono già principalmente con carte e altri mesi di pagamento tracciabili.
In ogni caso potrebbe aprirsi in linea teorica un tema sulla penalizzazione del settore.
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Al momento, il piano prevede che sia rimborsato al consumatore il 10% di quanto speso, fino al tetto di 1.500 euro a semestre e 3 mila euro all’anno (e quindi 150euro ogni sei mesi e 300euro all’anno).
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