Il 17% del nostro Pil va in pensioni nel 2020. Si tratta di una cifra record e la Ragioneria generale ha calcolato che nei prossimi dieci anni potrebbe esserci uno scostamento dello 0,8% del Pil a causa della pandemia e dei pre-pensionamenti del Governo “Conte-1”.
Nel 2020 la spesa per le pensioni rappresenta il 17% del Pil, che rappresenta un nuovo record.
Al contempo, nel prossimo decennio si prevede uno scostamento rispetto alle previsione dell’anno scorso a causa della pandemia nonché di Quota 100.
In pratica, la spesa per le pensioni potrà essere del 16% fino al 2050 per poi scendere attorno al 13% nel 2070, grazie all’esaurimento delle pensioni dei baby boomers.
Tra le ipotesi future ci sono una soglia minima di uscita a 62 o 63 anni d’età per i “lavoratori impegnati in attività gravose” e a 64 o 63 per tutti gli altri.
In ogni caso, quest’anno il Rapporto della Ragioneria prevede varie simulazioni sulle possibili alternative e pare certo che Quota 100 determini una crescita della spesa fino al 2029, sebbene la sperimentazione termini nel 2021.
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I contenuti dell’analisi della Ragioneria dello Stato sulle pensioni
Com’è noto, nel 2022 cambieranno le regole per i pensionamenti anticipati. La Ragioneria dello Stato prevede a riguardo che, qualora si applichino i pensionamenti con 62 anni e 38 di contributi minimi si avrebbe una spesa previdenziale ammontante al 17% del Pil nel 2032.
Inoltre, i pensionamenti previsti tra il 2020 e il 2024 nel pubblico impiego faranno salire la spesa dal 3,6% al 4,6% e passeranno da 2,8 milioni del 2010 a circa 3,5 milioni del 2034.
Al contrario, i pensionamenti dei lavoratori privati invece dovrebbero conoscere una flessione fino al 2029.
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Infine, secondo la Ragioneria, un pensionato della coorte 61-70 anni quest’anno prende una pensione media diretta pari al 84,9% del Pil procapite, mentre un pensionato della fascia 71-80 solo dell’67,2% e dovremo attendere dieci anni per arrivare 66-67% del Pil.
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