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Interviste

10 domande a Miriam Galanti: Franco Califano, cinema, teatro e tv. L’artista si racconta

L’intervista di Yeslife a Miriam Galanti, attrice giovane ma molto apprezzata nel panorama italiano. Con noi ha ripercorso tutta la sua carriera 

Credits: foto Francesca Marino

Miriam Galanti si è raccontata a tutto tondo su YesLife. Nella nostra intervista la giovane ma molto preparata attrice ha ripercorso le tappe fondamentali della sua carriera. Dall’esordio al cinema al fianco del grande Franco Califano, passando per il teatro ed i videoclip, fino ad arrivare in televisione, prima con le fiction e oggi anche con la conduzione al fianco di Dario Vergassola nel programma “Sei in un Paese meraviglioso” su Sky.

Miriam è considerata una delle attrici più interessanti del panorama italiano e nel 2014 ha ricevuto il Premio “A New Talent Beyond Grey Goose” come “Giovane promessa del cinema italiano” al Festival del Cinema di Venezia. Fare l’attrice è sempre stato il suo sogno e Miriam c’è riuscita alla grande. Di questo e molto altro abbiamo parlato con lei.

Giovane e tante esperienze lavorative. Tutto è iniziato per te a Roma: qui hai iniziato a studiare e lavorare. Cosa rappresenta per te la Città Eterna? 

Roma per me rappresenta tante esperienze, tante sensazioni sulla pelle, rappresenta il sole accompagnato da quell’onnipresente vento mentre la scovo nei suoi angoli più nascosti, quando la percorro camminando per ore ed ore persa tra storia, monumenti, traffico e grattachecche; rappresenta ottobre in maniche corte (cosa quasi impossibile nel mio paese d’origine in provincia di Mantova); rappresenta sogni, amore, amicizia, progetti pazzeschi ma anche delusioni e dubbi; ma soprattutto rappresenta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, al tempo in cui si deve imparare a cavarsela da soli. I primi mesi sono stati difficili, mi mancava tanto la mia famiglia, la mia casa, le mie abitudini, ma poi ho cominciato ad adattarmi, a trovare amici, improntare progetti, studiare recitazione…ora Roma significa casa.

Il tuo esordio in “Roma Nuda” di Giuseppe Ferrara è stato accanto a due grandi dello spettacolo: Tomas Milian e Franco Califano, nel suo ultimo film. Cosa ricordi di loro?

“Roma nuda” è stato il mio primissimo set, la mia prima volta. Ricordo che ero molto agitata, ma anche infinitamente felice. Tra me e me mi domandavo per quale ragione continuassimo a girare la stessa scena se già andava bene…scoprii così l’esistenza del campo e contro campo, del totale, dei primi piani, insomma le basi fondamentali, le basi minime per chi fa questo lavoro, ma io non ne sapevo nulla, ero arrivata a Roma da tre mesi e mi trovai catapultata in una situazione bellissima e surreale allo stesso tempo. Ed in quel turbinio di emozioni e domande Califano era accanto a me, mi spiegava, mi tranquillizzava, era sorridente e pacato, un signore galante che ha contribuito a rendere quel giorno ancora più speciale. Io interpretavo una ragazza che era il suo braccio destro, una ragazza molto giovane con il viso pulito, un’insospettabile che lo aiutava nei suoi traffici. Con Tomas Milian invece non avevo scene, ci siamo solo incrociati nei camerini e lui mi salutò sorridendo, come del resto faceva con tutti sul set.

 

Poi è arrivata anche la tv con Che dio ci aiuti e Don Matteo, due delle serie cult degli ultimi anni. Quando sei stata scelta qual è stata la tua reazione? Ci racconti qualcosa su Terence Hill ed Elena Sofia Ricci?

Per “Don Matteo” mi aiutò molto il caso, il destino, la sincronicità, a volte gli diamo nomi diversi ma il concetto rimane lo stesso. Ero in metropolitana e l’aiuto casting mi vide, mi fermò e mi disse che avevo la fisicità perfetta per un ruolo che stavano cercando. Io già stavo studiando recitazione, anche se ancora non ero entrata al Centro Sperimentale (ci entrai dopo qualche anno), così mi manò le scene da imparare e feci il provino. Devo dire che sostenni il provino con molta tranquillità, una tranquillità che crescendo ho un po’perso. Quando mi comunicarono che ero stata scelta ero al settimo cielo. Mi sembrava tutto così incredibile, ero arrivata a Roma da poco e già stavo partecipando a diversi progetti importanti. Sul set Terence Hill era gentile, silenzioso e sorridente, spesso in sella alla sua bicicletta. Dal vivo la sua eleganza innata si percepisce ancora di più. Invece per “Che Dio ci aiuti” è stato molto diverso, è arrivato dopo essermi diplomata al CSC, ma soprattutto è arrivato dopo tante esperienze lavorative, ma anche dopo tanti no, tanti forse e tante delusioni. Dunque quando mi è stato comunicato che ero stata scelta ero molto felice ma era una felicità diversa, meno ingenua e più razionale, ma certamente pur sempre di gioia si trattava. Elena Sofia Ricci è un’attrice che stimo da sempre e trovarmi sul set accanto a lei è stato bellissimo. Abbiamo chiacchierato molto, tra un ciak e un altro ci siamo confrontare su diversi argomenti e lei è stata dolcissima, mi ha fatta sentire subito parte della squadra. Mi è sembrata una donna vera, un’artista che ama davvero il proprio lavoro, che ci mette passione profonda e che lo usa come veicolo per comunicare qualcosa alle persone.

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Per te anche tanto teatro. Cosa rappresenta per te salire su quelle tavole?

Il teatro equivale ad un’emozione forte, una scarica di adrenalina pura, è un luogo che ha in sé qualcosa di sacro in un qualche modo, perché il silenzio che si crea nei pochi istanti prima dell’inizio dello spettacolo è simile al silenzio che si respira nei luoghi di culto, aldilà della religione in cui si crede. Ciò che il pubblico ti restituisce con la propria presenza, con la propria attenzione e con il proprio calore è davvero impagabile. L’ultimo spettacolo che ho fatto è stato poco prima del lock down al Brancaccino di Roma, insieme a Federico Rosati, diretti da Marco Simon Puccioni. Abbiamo portato in scena “After the end”. Ma ricordo con amore anche tanti altri spettacoli, come ad esempio “Il Misantropo” che abbiamo portato in scena all’Eliseo di Roma con la regia di Francesco Frangipane.

Tra cinema, tv, teatro, videoclip e cortometraggi ha sperimentato tanti linguaggi diversi. Ce n’è uno che preferisci di più degli altri?

Sicuramente quello che preferisco è il cinema, ma semplicemente perché lo amo follemente anche come spettatrice, dunque farne parte in modo attivo mi rende felice come una bimba. Ma ogni contenitore ha la sua bellezza e le sue sfide, dalla tv al teatro ai videoclip, altro mezzo che mi piace molto, infatti ci sono videoclip musicali che sono dei veri e propri cortometraggi. Il cinema però è un amore che ho da sempre, è il mio luogo sicuro, quel posto in cui vado, molto spesso da sola, a vedere film, anche due o tre di seguito. Il silenzio e il buio della sala mi quietano, quando sono in una sala cinematografica è come se il mondo fuori si fermasse, i pensieri, i ritmi, tutto si quieta e lascia spazio a quel momento prezioso. Ecco perché recitare in un film è ciò che più mi emoziona.

Quando hai capito che fare l’attrice era quello che desideravi? Cosa significa per te oggi esserlo?

Razionalmente l’ho capito verso i 16 anni, ma nel mio inconscio già questa tensione si muoveva da quando ne avevo 12. Per me è un modo per buttare fuori e dare nuova linfa e nuovo significato ad esperienze traumatiche della mia vita. Non si tratta di piangersi addosso, sono consapevole del fatto che ognuno di noi ha avuto esperienze più o meno dolorose. Io ho avuto un’infanzia complessa ed essendo una persona molto sensibile, molto empatica, faccio fatica a farmi scivolare le cose addosso, le esperienze mi attraversano e mi toccano nella loro pienezza e sentivo il bisogno di far uscire tutte quelle emozioni che provocavano in me, volevo farle uscire in un modo costruttivo e non distruttivo, appunto creando qualcosa e non distruggendo, e come sempre l’arte è la risposta a questo.

 

Ora sei su Sky con il programma “Sei in un Paese meraviglioso”. Cosa ci puoi raccontare di questa nuova avventura?

Il 15 settembre è iniziata la messa in onda del programma “Sei in un paese meraviglioso” e continuerà fino a dicembre. Va in onda il martedì alle 21.15 su Sky Arte e la domenica alle 12 su Sky Uno. Dario Vergassola ed io andiamo alla scoperta di posti della nostra bella Italia raccontando e mostrando anche dei primati mondiali sconosciuti ai più, come ad esempio il vulcano più piccolo del mondo sull’appennino emiliano, le saline più grandi d’Europa in Puglia, l’orologio da torre più antico del mondo a Chioggia. Insomma tante curiosità e tante esperienze uniche, come ad esempio percorrere le stanze di Leopardi nella sua casa a Recanati o poter girare nell’ippodromo di Imola. Il programma è sostenuto da Autostrade per l’Italia perché l’intento è proprio quello di mostrare come sia facile raggiungere certi posti stupendi alle volte poco conosciuti.

Al fianco di Dario Vergassola come ti sei trovata?

Con Dario mi sto trovando benissimo, davvero non potrei desiderare un compagno di viaggio migliore. È un grande professionista, instancabile, puntuale e con una capacità di improvvisare incredibile. Riesce ad essere sempre spontaneo e sciolto ed infatti mi sta aiutando parecchio in questo senso, mi sta man mano facendo scoprire come trovare la chiave ironica nelle varie situazioni, come essere aperta a ciò che accade per appunto saper eventualmente improvvisare. Credo che questo aspetto mi tornerà molto utile anche come attrice. E poi Dario è una persona oltre che divertente, anche molto sensibile e profonda. Tutto il gruppo di persone con cui sto lavorando è bellissimo, dalla produzione al regista Luca Granato, agli autori Lorenzo Scoles e Luca Potenziani, al direttore della fotografia Antonio Scappatura. Ogni singola persona sul set è indispensabile e ci divertiamo un sacco, ridiamo a crepapelle, a volte non riusciamo a ricominciare a girare le scene perchè non riusciamo a smettere di ridere.

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Una ripartenza importante tra l’altro dopo lo stop forzato. Come hai vissuto il lockdown?  

Il lockdown l’ho vissuto paradossalmente bene, l’ho preso come un momento di riflessione e come un momento per prendermi cura di me, sia psicologicamente che fisicamente. Dopo quasi dieci anni ho ricominciato a disegnare e questo mi ha aiutata molto, non solo a trascorrere il tempo in un modo costruttivo, ma mi ha anche aiutata a trasformare in colore le mie sensazioni. Ho letto, ho studiato testi e monologhi che da anni volevo approfondire, mi sono allenata sul terrazzo condominiale e ho fatto dirette Instagram con altri attori leggendo testi teatrali contemporanei e ho guardato moltissimi film e serie. In realtà non mi sono mai annoiata, nemmeno un giorno!

Credits: foto Francesca Marino

Cosa hai imparato da questa esperienza?

Cosa ho imparato? Ho imparato che avere delle passioni è ciò che ci può salvare in qualsiasi situazione, ho imparato che porsi degli obiettivi quotidiani, anche piccoli, è importante per sentirsi felici e mi sono resa conto di quante cose alle volte non mi sono data il permesso di fare arrecando scuse a me stessa, dicendomi che non avevo il tempo o il modo ed invece il tempo c’è sempre, basa saperselo ritagliare e dedicarlo a ciò che davvero ha importanza per sé stessi.

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