Il picco dell’influenza in arrivo in ritardo quest’anno secondo Antonino Bella. Quest’anno spaventa più degli altri per via del Covid
Sarà un inverno diverso dagli altri quello che ci apprestiamo a vivere e per molti fa paura davvero paura. Ecco perché molti si chiedono quando ci sarà il picco dell’influenza che con il diffondersi della pandemia fa sempre più paura e molti sono gli italiani che sono in apprensione.
Saranno mesi nuovi e difficili anche per i sanitari che dovranno destreggiarsi tra i malati di Covid e quelli con la semplice influenza. A dare delle risposte a tutto questo ci ha pensato Antonino Bella, epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
All’Adnkronos ha parlato del picco dell’influenza e delle sue conseguenze. Per il momento pare che tutto sia sotto controllo secondo l’esperto: “Ancora non abbiamo avuto segnalazione di casi sporadici di influenza: normalmente la stagione si apre a metà ottobre, ma di solito a settembre ci sono sempre isolamenti sporadici. Quest’anno ancora no”.
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Picco dell’influenza, tutto nell’anno nuovo
Secondo Bella la situazione dovrebbe rimanere stabile fino alla fine dell’anno dal punto di vista dell’influenza che toccherà il suo picco “tra fine gennaio e inizi di febbraio, come è accaduto negli ultimi anni, tranne in due stagioni quando il picco è arrivato subito dopo Natale”.
Impennata ancora contenuta dunque che permetterebbe al sistema sanitario di organizzarsi e prendere a modello la gestione effettuata in Australia dove l’influenza è stata molto blanda. Questo può essere dipeso da quello che i virologi, spiega Bella, “chiamano competizione virale: un patogeno ne scalza un altro”.
Ecco perché non è escluso che anche in Italia potrebbe accadere questo con una stagione influenzale molto “blanda”. Ma lo studioso ci tiene a ricordare l’importanza della vaccinazione che “attenua i sintomi ed evita le pericolose complicanze”.
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La paura resta però perché il timore degli esperti è che quest’anno non si riescano a coprire tutte le richieste di vaccinazione. A lanciare l’allarme è stata la Fondazione Gimbe che ha spiegato come sono molte le regioni italiane che non posseggono le dosi di vaccino sufficienti per rispondere alla richiesta.
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