Nuovo Dpcm in arrivo: cosa cambierà dal 7 ottobre

In arrivo da mercoledì 7 ottobre il nuovo Dpcm per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Stretta sui controlli e regolamentazione sulle mascherine.

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Giuseppe Conte (foto dal web)

Sarà varato mercoledì 7 ottobre il nuovo Dpcm che detterà le linee guida da seguire per arginare la diffusione del Covid-19. Il documento concernerà principalmente l’utilizzo di mascherine negli spazi chiusi e gli orari di apertura dei locali pubblici. Una sezione a parte sarà dedicata ai tifosi dei palasport in virtù della riapertura degli impianti. Prese anche importanti decisioni riguardo a possibili mini-lockdown territoriali in zone particolarmente colpite dall’epidemia. Come già avvenuto negli ultimi mesi, le Regioni avranno un ruolo portate e ad esse saranno demandate gran parte delle decisioni sull’attuazione o meno di specifici protocolli.

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Dpcm del 7 ottobre: cosa potrebbe cambiare

Conte dpcm 7 ottobre
Il premier Giuseppe Conte (foto dal web)

Secondo le prime notizie, il Dpcm del 7 ottobre potrebbe estendere l’obbligo di mascherina all’aperto anche alle regioni meno colpite dal virus. La misura è già in vigore in Puglia, Lazio e Marche, oltre che in alcuni comuni della Toscana e dell’Umbria. Le nuove disposizioni prevederanno anche l’impiego dell’esercito per vigilare sulla rispetto delle norme vigenti. Sarà poi riconfermato il limite alla possibilità di assembramento, sia per quanto riguarda gli eventi al chiuso (200 persone) che quello all’aperto (1000 persone). Ancora molto dibattuta è invece la proposta di chiusura degli esercizi commerciali (soprattutto bar, ristoranti e parrucchieri) in specifiche ore della giornata. Per i bar si è parlato di una chiusura in orario compreso tra le 18 e le 6 di mattina.

Dpcm 7 settembre
(Getty Images)

Per quanto riguarda i mini-lockdown in zone ad alto contagio, il Dpcm servirebbe solo a formalizzare ciò che di fatto sta già avvenendo in molte regioni. “Gli atti emanati in queste ore dalle Regioni hanno l’approvazione del governo nel 95% dei casi perché riguardano l’interesse collettivo“ ha sostenuto Francesco Boccia, ministro degli Affari Regionali.

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