Lo smart working entra in una nuova “era”. Infatti, dopo la diffusione massiccia del lavoro agile a causa del Covid, adesso è necessario trovare soluzioni adeguate sia a garantire il diritto di controllo del datore di lavoro sia a tutelere la privacy dei lavoratori.
La sfida che caratterizza questa nuova era di applicazione massiccia del lavoro agile o smart working è quella di riuscire a contemperare il diritto alla privacy dei lavoratori con l’esigenza di controllo dei datori di lavoro.
A ciò si aggiunga il tema della sicurezza dei dati che sono trattati fuori ufficio, spesso con strumenti non aziendali.
Ad oggi non esiste un obbligo in capo ai datori di lavoro di concedere lo smartqorking fuori dalla casistica già derivante dagli accordi individuali e salvi i casi particolari (genitori i cui figli siano in isolamento fiduciario o quarantena ecc.. Tuttavia, fino al 31 dicembre è possibile ricorrervi, senza alcun accordo come prenderebbe la normativa sul lavoro agile.
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I controlli a distanza
Secondo l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, solo l’uso degli «strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa» è legittimo senza necessità di un accordo sindacale oppure del meccanismo alternativo di autorizzazione amministrativa.
Difficile in questo nuovo contesto stabilire quali strumenti utilizzati nel lavoro a distanza rientrino in tale definizione e ancor più in quella per la rilevazione della presenza.
Ad esempio, sono molto diffusi meccanismi che rilevano la presenza al pc oppure alla rete aziendale.
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Per tutte queste ragioni, l’utilizzo di tali strumenti dovrebbe essere preceduto dall’avviso di un possibile controllo e essere sottoposto all’iter stabilito dallo Statuto dei lavoratori.
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