Calabria, Terra Mia. Il corto di Gabriele Muccino ha provocato polemiche e scatenato critiche del mondo politico e sui social network
La sagra dello stereotipo. Così viene descritto il corto di circa 8 minuti del regista Gabriele Muccino che ha come protagoniste indiscusse la bellezza, la storia, la tradizione e la cultura della Regione Calabria.
Interpreti principali dell’opera sono Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales. L’attore romano ma di origini calabresi (il padre era di Roccella Jonica), interpreta un uomo che porta la sua compagna alla scoperta dei luoghi che lo hanno visto bambino, tra gli odori di bergamotto, viste paradisiache e accoglienza affettuosa di chi li incontra.
Calabria, terra mia è stato fortemente voluto da Jole Santelli, la governatrice di regione scomparsa il 15 ottobre scorso, come atto d’amore verso il proprio territorio. Purtroppo però non ha ricevuto, su più fronti, il plauso sperato. Giovani con coppola e bretelle scure, asini, tovaglie a scacchi rossi, donne che incarnano modelli rimasti al secolo scorso. Questo e altro si contesta al corto di Muccino, alzando un polverone mediatico proveniente anche dalla classe politica.
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Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, è stato il più pungente: ” Raoul Bova e Rocio Munoz Morales sembrano una coppia uscita da un romanzo Harmony, calati in una realtà artefatta e stereotipata. I ragazzi seduti ai tavolini con coppola e bretelle, le donne con abiti tirati fuori dagli armadi degli anni ’50, l’uomo che trascina gli asini sono immagini che stridono con la verità dei fatti. La Calabria ha sì il mare cristallino, i colori dei campi e i sapori degli agrumi, ma ha anche tanto, tantissimo altro da raccontare. La narrazione di Muccino risulta limitata.”
Gioacchino Criaco, scrittore, definisce l’opera “incommentabile”: “Questo cortometraggio è di una pochezza assoluta.”
Il deputato M5S Paolo Parentela aggiunge una critica legata ai costi di produzione: “1,6 milioni spesi per un’opera che di fatto ridicolizza la Calabria. Un video mieloso e finto.”
Lo scrittore Santo Gioffrè descrive Calabria, Terra Mia con il termine volgare. “Diffonde l’idea di una colonia sottomessa alla madrepatria. Muccino si poteva risparmiare queste atmosfere da Padrino, ambientate negli anni ’50. Ci ha resi inutili, ci ha trattati da coloni.”
Non meno clementi gli utenti sul web, anch’essi mossi da una furia dirompente: “Muccino, vedi che ci siamo evoluti da coppole ed asinelli”, “Basta con Calabria: cibo e mare! Dov’è la musica? Dov’è la cultura? Tutto da rifare”, “Ottimo, perfetto… se volevano ricreare la Calabria di 50 anni fa”, “Ma è uno scherzo?”, “La Calabria massacrata fra un ‘Dove vuoi che ti PORTO’ (perchè si sa… In Calabria il congiuntivo non lo usiamo).”
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