Per la Commissione il PIL europeo non tornerà al livello precedente a Covid fino alla fine del 2022. Una previsione preoccupante
Mentre la pandemia di Covid-19 si sta diffondendo sempre più rapidamente in Europa e gli annunci di contenimento totale o parziale si moltiplicano in tutto il Vecchio Continente, le prospettive di ripresa economica si stanno allontanando. Lo attestano le ultime previsioni della Commissione, pubblicate giovedì 5 novembre. Gli esperti dell’istituzione scommettono ora su un calo del prodotto interno lordo, il Pil, nel 2020 del 7,4% a livello del Ventisette e del 7,8% per la zona euro. Al tutto fa seguito da un rimbalzo del 4,1% per l’Unione Europea nel suo complesso e 4,2% per i diciannove paesi che hanno adottato la moneta comune. Sei mesi fa si aspettavano più o meno gli stessi dati per quest’anno, ma immaginavano una ripresa molto più sostenuta, superiore al 6%, nel 2021. Questa seconda ondata di pandemia sta riempiendo le nostre speranze di una rapida ripresa, secondo Valdis Dombrovskis, Vicepresidente esecutivo della Commissione.
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La Commissione Europea vede un brutto orizzonte
Bisognerà aspettare fino alla fine del 2022 affinché il Pil europeo si avvicini al livello che aveva alla fine del 2019, prima della crisi, e non più alla fine del 2021, come la Commissione ancora immaginava, all’inizio di maggio. Questo scenario, già temibile, rischia di essere ancora più oscuro. A cominciare dalle restrizioni in Francia o in Belgio, o dalle nuove disposizioni in Germania. Gli economisti dell’esecutivo comunitario hanno comunque cercato di stimare gli effetti delle restrizioni più forti di quelle di cui hanno tenuto conto, e il risultato del loro lavoro non è rassicurante: il Pil della zona euro, scrivono, potrebbe diminuire dell’8,5% nel 2020 e del 2,75% nel 2021. La Commissione menziona altri rischi al ribasso che, se si concretizzassero, potrebbero oscurare ulteriormente il quadro.
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E in particolare che le cicatrici della pandemia sono più profonde del previsto. I suoi esperti ricordano inoltre che non si può escludere una crisi finanziaria e con essa, una contrazione degli scambi che sarebbe più forte del previsto.