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Jeans, quanto costano all’ambiente: la scoperta degli esperti

La produzione di Jeans inciderebbe in maniera considerevole sull’ambiente: dalle sue fibre ai materiali utilizzati per la loro realizzazione.

(2goldi – Pixabay )

I jeans sono uno dei capi di abbigliamento più utilizzati dalla popolazione mondiale. Versatili e pratici sono divenuti una vera e propria icona della moda. Eppure questa tipologia d’abito, tanto apprezzata, inquinerebbe a livelli inimmaginabili. Quasi il 40% del cotone prodotto sul pianeta verrebbe impiegato per la loro realizzazione, mentre per la loro produzione non solo vi sarebbe un’immane spendita d’acqua ma anche un utilizzo abbondante di sostanze chimiche.

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Jeans, l’impatto sull’ambiente: altamente inquinanti

(Getty Images)

Sono ormai quarant’anni che uomini, donne e bambini di tutto il mondo acquistano jeans per indossarli nella loro quotidianità. Un capo divenuto icona di stile, che però avrebbe dei risvolti sull’ambiente non di poco conto. Per la loro realizzazione verrebbe impiegato il 35% del cotone prodotto a livello globale che si traduce, riferisce La Repubblica, nella confezione di 23 mila tonnellate in metri l’anno di denim, il tessuto appunto di cui sono composti.

Per la realizzazione di quest’ultimo tuttavia sono necessari numerosissimi procedimenti per la cui riuscita vengono impiegate sostanze altamente chimiche sulla fibra naturale e copiose quantità di acqua. Ci vorrebbero, infatti, 10mila litri di acqua per un chilo di cotone. In Asia, precisamente India e Cina, si arriverebbero a consumare centoventi miliardi di litri d’acqua l’anno per tali procedimenti. Considerati i costi di vendita del prodotto finito, che in alcuni casi si aggira intorno alla decina di euro, ben si comprende l’impatto che questo capo ha sull’ambiente.

Anche la colorazione delle stoffe rivestirebbe un drammatico ruolo. Per ottenere la tipica nuance dei denim, infatti, servirebbero sostanze e metalli pesanti i cui scarti vengono poi riversati nelle acque e finiscono nelle falde.

Lo studio

Stando a quanto riporta La Repubblica, numerose sarebbero le segnalazioni degli esperti sui ritrovamenti di fibre denim all’interno dei fiumi ad esempio. Secondo un recente studio condotto dall’Università di Toronto, nell’Ontario il 23% delle microfibre presenti nei fondi analizzati apparterrebbero ai jeans. A preoccupare particolarmente sarebbe il fatto che tali elementi sono stati rinvenuti molto lontano rispetto a dove questi capi vengono indossati.

All’esito della ricerca, gli esperti hanno concluso nello stabilire che un singolo jeans riesce potenzialmente a rilasciare sino a 56.000 microfibre a lavaggio. Inoltre, dato ancor più sconcertante è che fibre di denim sarebbero state rinvenute anche nell’Artico. Sicuramente a trasportarle le correnti oceaniche o fattori atmosferici.

A nulla valgono gli sforzi degli impianti depurativi che non riuscirebbero a trattenere queste microparticelle le quali sono state ritrovate anche negli stomaci di alcuni pesci.

Gli impatti sull’ambiente

Quale sia però il reale impatto sull’ambiente non è ancora certo. Per gli esperti bisognerà ulteriormente attenzionare il fenomeno e tenerlo sotto controllo. Questa attività di ricerca, hanno voluto specificare gli esperti, non si tratta di un’accusa ai jeans ma di una reale necessità di dover porre l’attenzione sull’inquinamento operato dall’uomo nella sua produzione di microfibre.

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(MichaelGaida – Pixabay)

Per scongiurare il peggio, basterebbe esclusivamente emanare leggi e regolamenti nonché sensibilizzare la popolazione sull’argomento, si da impedire la dispersione dei materiali di scarto. Ad esempio limitando i lavaggi, preferire tessuti naturale, ed acquistare da aziende che impiegano materiali organici.

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