Sono passati cinquant’anni da quando il Parlamento approvò la legge sul divorzio. Era Il 1 dicembre 1970 quando venne fatto il primo passo
Era il 1970 quando il Parlamento diede il via libera alla Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, un evento importante che cambiò la vita di molti italiani. Sono passati cinquant’anni da quel 1 dicembre, giorno in cui la legge 898 venne approvata. Quello fu il primo passo verso un nuovo inizio e la fine di uno dei tabù della società italiana. Da quel momento si susseguirono manifestazioni e episodi per la conquista di altri diritti civili, infatti da lì a poco si aprirono grandi scenari per l’intero Paese.
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Divorzio: cinquant’anni dopo, qual è la storia?
Dal 1970 le cose cambiarono: dopo la legge 898 il passo successivo fu nel 1975 il nuovo diritto di famiglia dove cadde la patria potestà. Si arrivò alla parità dei coniugi nella coppia e soprattutto anche i figli nati fuori dal matrimonio vennero tutelati. Il delitto d’onore cadde nel 1981; nel 1978 la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza; sempre nello stesso anno l’istituzione del Servizio Sanitario nazionale basato sul circuito prevenzione, curò e riabilitò il diritto alla salute. E ancora la legge Basaglia. Tornando alla legge 898, il primo referendum abrogativo dell’Italia repubblicana divise il paese in due, in fazioni di favorevoli e contrari. Con la conferma della legge Fortuna-Baslini, dal nome dei primi firmatari, si affermò un significativo cambio di rotta nella società: gli italiani per la prima volta, distinsero la sfera religiosa dalle leggi dello Stato. L’Italia finalmente stava conquistando piano piano la modernizzazione che tanto desideravano i cittadini.
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Cinquant’anni dopo
“Oggi – afferma Linda Laura Sabbadini, esperta di studi di genere – è necessario aprire una nuova stagione dei diritti per garantire che le norme siano rispettate”. Quello che è stato conquistato in modo accelerato negli anni ’70, oggi sta rallentando e con esso anche il raggiungimento dell’uguaglianza di genere.
“Ma oggi come ieri – conclude Sabbadini – sono le donne a dover scendere in campo. Altrimenti non ce la faremo”.
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