Ad Antonio De Pace non è stato concesso alcun rito abbreviato: l’infermiere, reo confesso di aver ucciso la fidanzata, sarà processato per omicidio volontario e premeditato
Antonio De Pace, l’infermiere che, durante lo scorso lockdown, ha ucciso la propria fidanzata Lorena Quaranta, non potrà ricorrere al processo con rito abbreviato. L’uomo, dopo il terribile omicidio, aveva chiamato la polizia confessando il tutto. In carcere dallo scorso marzo con l’accusa di omicidio volontario, ad Antonio potrebbe essere imputata anche l’accusa di premeditazione. Gli inquirenti, allo stato attuale, si stanno adoperando per esaminare i nuovi elementi emersi.
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Infermiere che uccise la fidanzata: fu un omicidio premeditato?
Quando Antonio De Pace, lo scorso 31 marzo, chiamò la polizia per denunciare di aver strangolato la propria fidanzata, Lorena Quaranta, il tutto era stato ricondotto ad un raptus improvviso, che avrebbe spinto l’uomo al folle gesto. “Mi ha contagiato con il coronavirus“: queste le parole riferite dall’infermiere agli inquirenti.
In carcere da quel giorno con l’accusa di omicidio volontario, le indagini sul cadavere della vittima lo hanno però smentito. Lorena non aveva contratto il Covid, così come De Pace che era risultato negativo agli esami. La domanda di procedere con rito abbreviato, considerati gli ulteriori dettagli emersi in questi ultimi giorni, è stata dunque respinta.
Le fonti parlano di premeditazione e dello strano comportamento dell’infermiere nei giorni antecedenti al fatto. Quest’ultimo aveva infatti comunicato ai familiari come disporre dei suoi beni quando “la sua vita sarebbe cambiata“. Inoltre, anche la famiglia della vittima aveva notato un profondo cambiamento in Antonio: “Non voleva fare più visita ai pazienti per il timore del contagio“.
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Lorena Quaranta era studentessa di medicina presso l’Università di Messina, e stava per terminare il proprio percorso di studi. Il 20 ottobre scorso, la facoltà ha deciso di renderle omaggio assegnandole la laurea alla memoria in Medicina e Chirurgia.
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