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Pesticidi nei cibi che arrivano sulle nostre tavole: il rapporto di Legambiente

Con il suo dossier “Stop pesticidi” Legambiente ha divulgato i dati raccolti su diversi campioni di cibo analizzato: i risultati non sono dei migliori.

(Thorsten Blank – Pixabay)

Quasi la metà dei campioni di cibo analizzati da Legambiente contiene pesticidi. Questo quanto emerso dal dossier “Stop pesticidi” che ha evidenziato anche come la maggior parte degli alimenti contaminati sia la frutta: si parla del 70%.

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Pesticidi nei cibi, il rapporto di Legambiente: frutta in cima alla lista

(Foto di guillermo gavilla – Pixabay)

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La frutta sarebbe in cima alla lista degli alimenti su cui è stata rilevata la presenza di pesticidi. Nello specifico, Legambiente ha riscontrato che, il pericoloso elemento, si troverebbe almeno sull’89,2% dell’uva da tavola, l’85,9% sulle pere e l’83,5% sulle pesche. Quanto alle materie prime estere invece bacche di goji e tè verde sarebbero in cima alla lista. I pesticidi più presenti in Italia apparterrebbero alla famiglia dei fungicidi e degli insetticidi. Purtroppo, l’assenza di pesticidi, ha rilevato Legambiente si è riscontrata solo nel 52% di cibi presi in esame. Un risultato assolutamente poco soddisfacente che alimenta i timori su come numerosi prodotti ormai siano nocivi per l’uomo.

Sono dati che però vanno spiegati. In sostanza l’analisi di Legambiente rileva che i picchi oltre il consentito dalle legge si sarebbero registrati solo nell’1,2% dei casi ma che il 46,8% di campioni in regola presentano uno o più residui di pesticidi.

Quanto alla frutta, emerge un altro dato. Solo il 28,5% dei campioni è privo di sostanze, mentre l’1,3% sarebbe irregolare ed il 70% nonostante la presenza di pesticidi non superi la soglia critica, comunque ci sono residui. Per le verdure, invece, il discorso sarebbe diverso. Il 64,1% del campione analizzato non presenterebbe alcunchè. Tuttavia in alcuni ortaggi come i peperoni ed i legumi si sarebbero riscontrate importanti irregolarità.

I prodotti esteri maggiormente contaminati, si legge nel Dossier, proverrebbero dalla Cina a cui segue immediatamente la Turchia e poi l’Argentina. Da non sottovalutare anche i valori sui cibi della Malesia.

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(Ariel Núñez Guzmán – Pixabay)

Per Legambiente è giunto il momento di operare una sterzata. Serve una politica più attenta e norme più rigide che impediscano l’impiego di queste sostanze nocive non solo per l’ambiente ma anche per la salute dell’uomo.

M.S.

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