Donato Bilancia è uno spietato serial killer italiano che agiva fra il 1997 e il 1998. Ecco raccontata la sua terribile storia.
12 aprile 1998. È la domenica di Pasqua e per questo i passeggeri sono molto pochi. D’altronde chi si mette in viaggio il giorno di Pasqua. Eppure, qualcuno c’è. Nell’Intercity che viaggia da La Spezia a Venezia, un controllore di nome Roberto, nota in uno scomparto una giacca, una borsa e un borsone incustoditi. Attende qualche minuto ma la proprietaria non si vede. Così chiama un suo collega per capire cosa fare e questo gli dice che il bagno è occupato da un po’ ormai e che forse la donna si è sentita male. Si dirigono quindi verso la toilette e, una volta li davanti, bussano. Nessuno risponde. Allora decidono di aprire con la chiave di scorta e quello che si trovano davanti è scioccante. Roberto non riesce a guardare e si tira indietro. Il collega, invece, si fa coraggio. Distesa sul pavimento del bagno, in un mare di sangue, c’è Elisabetta Zoppetti; infermiera trentenne felicemente sposata e madre di una bambina di soli tre anni. Il marito, scioccato e disperato non si da pace. Non riesce a capire. Perché è successo, perché proprio a lei, perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere? Finché poi le cose si fanno un po’ più chiare.
È il 18 aprile 1998. Sul treno Genova – Ventimiglia viene ritrovato il corpo di un’altra donna. Si tratta di Maria Angela Rubino. Morta con un colpo di pistola alla testa dopo essersi messa in ginocchio. Ma la cosa più orribile, oscena e malata, è che l’assassino si è masturbato sul suo cadavere. Un orrore indescrivibile. Ma adesso il marito di Elisabetta, nonostante il disgusto e il dolore provato, sa che non è stato solo un caso fortuito e raro capitato solamente a sua moglie. Sa che un motivo c’è, seppur malato e ingiusto.
24 marzo 1998. È notte. Fa molto freddo dopo aver nevicato a Barbellotta, periferia di Novi Ligure. Da anni ha ormai la fama per essere luogo di lavoro di prostitute e travestiti proprio come Lorena 23enne venezuelana . Quella notte un cliente la porta a Villa Minerva, sostenendo che fosse sua. Apre il cancello con un comando ma poi, dopo aver fatto un giro, si ferma accanto a un albero dalla parte della portiera del passeggero. Lorena così non può scappare. È allora che si rende conto che qualcosa non va. Ma ecco che si fa avanti una panda e poi un’altra. Una guardia scende dalla macchina cercando di capire che succede. Così anche l’uomo sconosciuto che cerca di convincerla farfugliando qualcosa. Ma la guardia non è convinta. Poi Lorena urla. E nel giro di pochi attimi, Candido Randò, 43 anni, si ritrova steso a terra colpito da un colpo di di pistola. Dopodiché l’uomo si dirige verso l’altra auto dove alla guida c’era Massimiliano Gualillo, 31enne assunto in prova da soli 10 giorni, e sparò altri due colpi. Per le due guardie non c’è stato nulla da fare. Non avrebbero mai avuto scampo quella notte.
Nel frattempo Lorena era riuscita a uscire dalla macchina e nascondersi dietro un cespuglio. L’uomo spara due colpi verso di lei. Uno la colpisce al petto. In preda alla disperazione, la ragazza si accanisce contro il suo carnefice in una colluttazione che fa esaurire i colpi di pistola, sparati a vuoto. A quel punto l’uomo risale in macchina e scappa. Lorena è viva. In ospedale riesce a fornire un identikit del suo aggressore. Se Lorena non fosse sopravvissuta sarebbe stata la terza prostituta uccisa nel giro di pochissimo tempo. Non hanno avuta la sua fortuna infatti Stela Truya, albanese 22enne, uccisa il 9 marzo a Varazze, Ljudmyla Zubskova, ucraina 23enne assassinata il 18 marzo. Dopo il caso di Lorena però, il 29 marzo, è la volta di un’altra prostituta, Tessy Adodo, nigeriana 27enne. Vengono tutte uccise nello stesso identico modo. Vengono prima fatte inginocchiare e poi un colpo di pistola alla testa.
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16 aprile 1998. Una prostituta nascosta da un annuncio di “massaggiatrice” viene contattata da un uomo per un appuntamento. Si chiama Luisa. Quando l’uomo arriva in casa di questa tira fuori la pistola e gliela punta alla testa. Lei cerca una via di fuga in ogni luogo della stanza, ma niente. Non c’è nemmeno una potenziale arma da poter usare per difendersi. Poi, improvvisamente, il suo sguardo viene catturato da una foto incorniciata e appoggiata sul suo comodino. La foto del suo nipotino. A quel punto Luisa prende la foto e piangendo lo supplica di non ucciderla perché quello è il suo bambino, suo figlio, già senza padre. “Non lasciarlo anche senza una madre” dice. L’assassino, inaspettatamente, si commuove. E grazie a quella storia decide di risparmiare la donna.
La svolta nella ricerca dell’uomo, avviene per caso, quando Pino Monello decide di vendere la sua Mercedes blu a un uomo. Il 27 aprile 1998 è esasperato dalle continue multe ricevute per mesi e decide di recarsi dalla polizia dato che non è stato formalizzato il passaggio di proprietà. Le multe sono state registrate tutte in luoghi prossimi a quelli in cui sono avvenuti gli omicidi. Poi c’è l’identikit fornito da Lorena. Così a Pino Mondello vengono dei sospetti che decide di condividere con i Carabinieri. L’uomo si Chiama Donato Bilancia. Comincia la caccia all’uomo.
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Donato Bilancia, chi è davvero?
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Nasce nel 1951 a Venezia. È un bambino vivace, vispo ed emotivo. Fino agli 11 anni fa pipì a letto. Un segnale di disagio che i genitori avrebbero dovuto cogliere, e invece lo usavano per umiliarlo. Nel 1965 cambia il suo nome in Walter. Comincia un periodo in cui fa dentro e fuori dal carcere per furto. Si considera una specie di “ladro buono”. Ruba solo ha chi ha già tanto. Fino ai 46 anni non fa del male a nessuno. Poi, viene tradito dal suo migliore amico, Maurizio, in un gioco d’azzardo in cui perde più della metà dei suoi averi. Da quel momento, qualcosa è cambiato. I primi omicidi perciò hanno una componente vendicativa. Uccide l’amico traditore, la moglie e il suo complice. Da qui capisce quanto sia facile uccidere e inizia a farlo per soldi. Andando avanti, uccidere non diventa solo una necessità, ma anche un piacere. L’ultimo omicidio avviene il 20 aprile 1998. Dopo aver mangiato in una locanda vicino Sanremo, Bilancia si rende conto di non avere contanti e chiede alla signora proprietaria di fargli credito promettendo di tornare. La signora acconsente. Poco dopo va a fare benzina e chiede lo stesso favore al benzinaio, Giuseppe Mileto, 52 anni. Questo però non si fida e si rifiuta di far credito a quello sconosciuto. Senza pensarci allora, Donato Bilancia, estrae la pistola e dopo essersi fatto consegnare l’intero incasso, la scarica contro il benzinaio. Poi si cambia i vestiti e torna dalla signora della locanda a saldare il conto.
Viene arrestato il 6 maggio 1998 dopo essere stato in ospedale per un problema ai polmoni. Non si è fatto pregare e anzi, come se non aspettasse altro, ha confessato tutto. Ma la confessione va ben oltre le aspettative del PM. Ci si aspettava al massimo che confessasse 8 delitti. E invece, sono 17.
Dopo esser stato condannato a 13 ergastoli, è deceduto il 17 dicembre 2020 a causa del Coronavirus che ha colpito anche lui.