Il settore tessile contribuisce, più di quanto si creda, all’inquinamento del Pianeta: dalla contaminazione dell’acqua alle emissioni.
Il settore della moda con le sue produzioni ed i suoi scarti va ad intaccare il sistema Natura. In particolar modo a dettare la pregiudizievole legge sarebbe il fast fashion, ossia quel sistema che lancia sempre più di frequente nuovi stili a prezzi bassissimi portando un’elevata quantità di vestiti a divenire fuori moda ed essere letteralmente cestinati.
L’Unione Europea per diminuire l’impatto di questi prodotti vorrebbe avvalersi di un piano d’economia circolare.
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La scorsa primavera la Commissione Europea, riporta Eureporter.co, ha approvato un piano di economia circolare che involge il settore tessile. Un’azione che vuole arrivare a rendere sostenibile il settore ed a diminuirne l’impatto. Riguarda tutta la catena, dalla produzione al consumatore finale.
Si parte, dunque, dal principio. Per produrre i tessuti serve acqua che irrighi i terreni dove si coltivano cotone ed altre fibre da impiegare quali materie prime. In media cinque anni fa, nel settore tessile sono stati utilizzati 79 miliardi di metri cubi di acqua. Una quantità esorbitante se si pensa che il fabbisogno europeo nel 2017 raggiungeva i 266 miliardi. La redazione di Eureporter.co, riferisce come solo per il confezionamento di una t-shirt sarebbero necessari quasi 3mila litri d’acqua.
Ben si comprende, dunque, la portata dell’impatto ambientale del settore tessile il quale rappresenta il 20% dell’inquinamento globale. Ciò a causa soprattutto dei materiali chimici che finiscono negli scoli per il fissaggio dei colori e le tinture. Per non parlare poi di quante fibre, dovute ai lavaggi dei consumatori, finiscano riversati negli oceani che a loro volta contaminano la fauna.
Da non sottovalutare il fatto che nella mentalità dei cittadini sia cambiato qualcosa, come ad esempio la predilezione a cestinare i capi usati piuttosto che donarli. Una vita esigua quella degli indumenti di cui gli acquisti per tale ragione sono aumentati del 40% dalla prima metà degli anni ’90 ad oggi.
Con il nuovo piano dell’Ue l’obbiettivo è quello di contrastare il fenomeno del fast fashion e condurre i cittadini ad un utilizzo responsabile nonché di reimpiego dei tessuti. Con questo progetto i paesi dell’Unione entro il 2025 dovranno differenziare la raccolta dei capi e promuovere delle economie circolari nonché l’impiego di fibre naturali.
In sostanza quindi l’UE dovrà fare in modo di spezzare questa catena consumistica e dare spazio ad un’economia circolare per il tessile che non solo impiega tessuti sostenibili ma che insegni ai cittadini il senso del reimpiego e del riciclo.
M.S.
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