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Casi

Ludwig: due menti, due spietati serial killer, un solo nome

Due giovani serial killer hanno effettuato una serie di omicidi con lo scopo di “ripulire” il mondo da chi, secondo loro, non meritava di vivere. Ecco la loro storia.

Wolfgang Abel e Marco Furlan (web image)

È il 1975 e un’altro anno scolastico è iniziato al Liceo Fracastoro di Verona. I ragazzi sono tutti intenti ad aggiornarsi sulle avventure estive che hanno da poco dovuto salutare per tornare alla monotonia della routine. Tutti, o quasi. Ce n’è uno però che siede da solo. Non ha compagno di banco. Non racconta la sua estate a nessuno. A dir la verità, non parla proprio con nessuno. Disegna. Il suo nome è Wolfgang Abel. Ancora non lo sa, ma sta per incontrare il suo inseparabile compagno di banco.

25 agosto 1977. Mentre il mondo intero ancora piange la morte di Elvis Presley, a Verona sta per accadere qualcosa, qualcosa che sarà destinato a rimanere nella storia della criminologia italiana. un uomo, un senzatetto di nome Guerrino Spinelli, sta dormendo nella sua auto, l’unica cosa che gli è rimasta. In un’altra macchina davanti alla sua, c’è sua moglie. Qualcuno, forse per noia o, forse, solamente per cattiveria, lancia delle bombe molotov nella macchina di Guerrino. Il poveretto non ha avuto scampo.

Un anno dopo, il 19 dicembre 1978, succede qualcosa di altrettanto terribile. A Padova è notte. E in una via che all’epoca era conosciuta per il giro di prostituzione omosessuale che la frequentava c’è una macchina, ferma. Al suo interno, un uomo: Luciano Stefanato, cameriere 41enne benvoluto da tutti. Dolce, gentile, educato, omosessuale, morto. È stato ucciso da due coltellate effettuate con due coltelli diversi da due persone diverse. Questo è quello che ha rilevato la scientifica. Due persone diverse, una coltellata ciascuno. Curioso. Il cadavere è stato ritrovato con ancora le due lame conficcate nel corpo. Curioso anche questo, quale assassino lascia l’arma del delitto nel corpo della vittima?

12 dicembre 1979. Venezia. Claudio Costa, un ragazzo di 22 anni si aggira per le strade de La Serenissima quando all’improvviso qualcuno lo segue, lo insegue. Claudio comincia a correre, prova a scappare, ma gli effetti della droga non lo rendono un atleta invidiabile. E questa gara la va a perdere. Era un tossicodipendente con ancora tutta la vita davanti per riscattarsi. Ora, è un tossicodipendente con dozzine di coltellate nel corpo. Un accanimento ingiustificato. O almeno per noi. Ma c’è chi non la pensa così.

Poco tempo dopo, nel 1980 a Vicenza, di notte, Alice Maria Baretta, come sempre, si reca sul luogo di lavoro. La strada. È una prostituta sulla cinquantina con un problema alla gamba che la fa zoppicare un po’. Ma lei lo sa che molti clienti non fanno caso alla cosa. D’altronde i soldi le servono. Ma quella sera, avrebbe fatto bene a rimanere a casa, perché non ci sarebbe più tornata. È stata uccisa a colpi di ascia almeno una decina di volte. Anche qui, sembrerebbe che l’assassino si sia accanito contro di lei con rabbia, foga, quasi come si il movente fosse personale. Ma non lo è.

A questo punto le cose si fanno un pochino più chiare. Quattro omicidi. Quattro omicidi diversi. Ma che cos’hanno in comune? Basta un analisi superficiale sulla vittimologia per capirlo. Prima un senzatetto, poi un omosessuale, un tossicodipendente e infine una prostituta. Adesso è chiaro. Chiunque stia compiendo questi terribili omicidi lo sta facendo per un delirio di onnipotenza che lo spinge a vedersi come “purificatore del mondo”. È una lotta di classe, e lo scopo è quello di “ripulire” il mondo da chi non è degno di questa vita. Dalla feccia della società, dagli emarginati, dai più deboli. Ecco, è questa la sua visione del mondo. Un mondo da cambiare, e spetta a lui farlo. A loro.

Leggi anche >>> Donato Bilancia: omicidi e orrori che sconvolsero la fine degli anni ‘90

Piccolo paese di notte (Foto di Sveva Lodi)

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In quello stesso anno, una lettera di rivendicazione, spedita da Bologna arriva al Gazzettino di Mestre. Sopra il testo, in alto a destra c’è il disegno di un’aquila che sorregge con le unghie la svastica nazista, e le sue ali, costituiscono la base di appoggio della scritta: Ludwig. La lettera recita così: “L’organizzazione Ludwig si assume la responsabilità delle seguenti uccisioni: Guerrino Spinelli, Verona, Agosto 77; Luciano Stefanato, Padova, dicembre 78 e Claudio Costa, Venezia, Dicembre 79. Come prova dell’autenticità di questa rivendicazione riportiamo alcuni particolari riguardanti gli attentati, che non sono di dominio pubblico. Nel primo si è fatto uso di 4 bottiglie Molotov (non 2 come riportano i giornali), confezionate con fiaschi da 2 litri, di cui 2 sono state lanciate dentro la macchina e 2 fuori. Nel secondo sono stati usati coltelli con manico di plastica e di colore rosso-arancione. Per quel che riguarda il terzo, sono stati usati 2 coltelli da cucina col manico di plastica bianca, che sono stati gettati sotto il ponticello vicino al quale è stata colpita la prima volta la vittima, morta nello stesso vicolo, dopo altre due colluttazioni. Gott mit uns.

“Gott mit uns” che letteralmente significa “Dio è con noi” era il motto del terzo Reich. Non è una frase a caso. Gli omicidi seguono proprio l’ideologia nazista. L’idea di vivere in un mondo “pulito”, perfetto. Ma perfetto per chi? A quale costo? Tutto torna. Resta solo da scoprire chi è Ludwig, o meglio, chi sono.

Nel 1982 a Vicenza, sul Monte Berico, due anziani sacerdoti, padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, vengono massacrati con una mazza di ferro. Padre Gabriele è morto sul colpo. Mentre padre Giuseppe, viene trasportato all’Ospedale San Bortolo dove morirà nel giro di poco tempo. Perché i sacerdoti? Che colpa hanno loro? Qual’è il loro peccato? Forse è perché credevano in qualcosa di superiore, di superiore al loro carnefice. Credevano in un Dio buono e giusto. Non in un assassino crudele e infondato.

Qualche mese dopo, il 26 febbraio 1983, a Trento è sabato e piove. Il sacerdote Armando Bison, sacerdote della chiesa Santa Maria del Suffragio, viene ritrovato morto, ucciso a martellate. Come se non bastasse, in testa ha conficcato un punteruolo con attaccato un crocifisso. Un evidente provocazione legata alla sua fede, e alla sua devozione. Ma provocazione per cosa? Qual’è lo scopo?

Non sono neanche passati tre mesi ed ecco un’altra tragedia che arriva a sconvolgere le vite dei cittadini milanesi. Uomini soprattutto. Il 14 maggio 1983 un incendio doloso divampa al cinema a luci rosse per soli uomini di Milano, Eros. Un incendio che si è preso la vita di sei uomini e ne ha feriti 32. Fra queste sei persone c’è anche il medico Livio Ceresoli, 46enne entrato in sala per prestare soccorso e salvare chi poteva salvare. Ma nessuno ha salvato lui. Successivamente gli è stata riconosciuta la medaglia d’oro al valor civile.

Ludwig, chi è veramente?

Marco Furlan e Wolfgang Abel (web image)

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Il 17 dicembre di questo stesso anno viene incendiato anche il sexy club Casa rossa di Amsterdam in cui hanno perso la vita 13 persone. E poi un’altro incendio ancora, l’8 gennaio del 1984 alla discoteca  Liverpool di Monaco di Baviera nel quale è rimasta uccisa una cameriera italiana che lavorava li. Alla polizia, è poi pervenuto un volantino di Ludwig che diceva “Al Liverpool non si scopa più”.

Ed ecco che arriviamo al 4 marzo 1984. Siamo a Castiglione delle Stiviere, un paese sulle colline mantovane. Al Melamara è finalmente arrivato il giorno della tanto attesa festa in maschera di cui si è molto parlato. A ripensarci, forse, se n’è parlato un po’ troppo. Sono tutti talmente presi dalle maschere e dal divertimento che nessuno si accorge di due ragazzi, mascherati si, ma con due borsoni. Uno ciascuno. Chi va a una festa in maschera tenendo con sé un borsone? Poi, ad un certo punto, uno dei due va in bagno, estrae un coltello e lo conficca nel borsone contente una tanica di benzina, che a quel punto si rompe e comincia a perdere liquido. Esce dal bagno con il borsone in mano e cammina per il locale continuando a disperdere benzina. Così l’altro ragazzo fa lo stesso. Ma il forte odore non passa inosservato e qualcuno si accorge finalmente anche dei borsoni. I buttafuori si allarmano e qualcuno grida “Sono stati loro”.

Vengono portati in questura e li, trovandosi davanti due individui così freddi e così sfrontati, hanno subito pensato di ricollegare tutti quegli omicidi irrisolti che hanno avuto fino a quel momento. Quelli compiuti da due persone mai trovate. Quelli di Ludwig.

Tutto è incominciato nel 1975 quando un’altro anno scolastico è iniziato al Liceo Fracastoro di Verona. I ragazzi sono tutti intenti ad aggiornarsi sulle avventure estive che hanno da poco dovuto salutare per tornare alla monotonia della routine. Tutti, o quasi. Ce n’è uno però che siede da solo. Non ha compagno di banco. Non racconta la sua estate a nessuno. A dir la verità, non parla proprio con nessuno. Disegna. Il suo nome è Wolfgang Abel, una vita passata fra agi e benessere. Cresciuto nel rigore della morale luterana. Si laureerà in matematica con lode. Un evento tragico ha però segnato la sua vita cambiandola per sempre. La sua amata sorellina di 6 anni, morì fra le sue braccia quando aveva solo 14 anni. Da li, non è stato mai più lo stesso. Ancora non lo sa, ma sta per incontrare il suo inseparabile compagno di banco. Marco Furlan, famiglia cattolica, madre religiosissima e padre primario al centro ustioni. Apparentemente due normalissimi giovani ragazzi che hanno subito stretto una solida amicizia. In realtà, due spietati serial killer in preda a un delirio di onnipotenza e decisi a “ripulire” il modo eliminando le persone moralmente colpevoli di questo o quel peccato, sempre secondo loro. Per questo il fuoco. L’elemento purificatore per eccellenza.

Il 10 febbraio 1987, vengono assolti dai primi 5 omicidi per mancanza di prove. Vengono comunque accusati di 9 omicidi e condannati a 30 anni di carcere più 3 anni di casa di cura. Pochi giorni prima della condanna definitiva, Marco fugge. Scappa in bicicletta, oltre il confine. Verrà arrestato poi nel 1995 sull’isola di Creta.

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