Al momento non c’è nessuna prova empirica che conferma la pericolosità della variante 501.V2.
La pandemia virale continua a circolare e le mutazioni continuano a presentarsi sotto nuove vesti. Il coronavirus ha cambiato radicalmente le nostre vite; ha seminato il terrore e messo in ginocchio l’intero pianeta. Con l’arrivo dell’inverno, la pandemia virale è tornata insieme al freddo, alimentando la psicosi collettiva a livello internazionale. La paura deriva dalle continue mutazioni all’interno del nucleo del virus. La più recente, la variante sudafricana, è al momento la più temuta a causa della sua potenziale maggior trasmissibilità e resistenza alle cure e ai vaccini. Il nuovo ramo virale SARS-COV-2, geneticamente identificato come 501.V2, è stato immediatamente considerato come “l’evoluzione più efficace del virus”. Tuttavia, confortanti notizie arrivano dall’estero per smentire l’elevata pericolosità della nuova mutazione della Proteina Spike (Proteina S).
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Secondo quanto riporta il notiziario online NICD (National Institute for Communicable Deseases), al momento non ci sono prove che il 501.V2 sia più trasmissibile della variante del Regno Unito, come aveva precedentemente suggerito il ministro della sanità britannico. Inoltre, la comunità scientifica riferisce che non esistono prove empiriche che dimostrino l’effettiva gravità della nuova mutazione a livello infettivo. Un nuovo ramo nel corpo del virus non implica necessariamente un aumento della mortalità rispetto alla variante precedente o a qualsiasi altra variante presente in tutto il mondo. Riguardo alla pericolosità, la nuova variante è ancora oggetto di ulteriori indagini che coinvolgono investigatori genomici, epidemiologi, paramedici e altri specialisti al servizio della salute pubblica.
Il Dr. Zwelini Mkhizel, ministro della Salute di KwaZulu-Natal, provincia costiera sudafricana, dichiara che il governo sta collaborando e cooperando insieme all’OMS e con tutte le nazioni colpite dal virus, per individuare le misure di contenimento utili a frenare la diffusione del COVID-19. “La sorveglianza genomica ci sta dando un aiuto cospicuo al perfezionamento delle nostre strategie sanitarie: stiamo accumulando sempre più informazioni sul virus e sul suo comportamento.”
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Solo la ricerca futura potrà far luce sulla questione. Attualmente, che la variante 501.V2 sia più resistente ai vaccini resta sul delicato piano delle ipotesi e della probabilità.
Fonte: National Institute for Communicable Deseases (NICD)
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