Le schiave del sesso: una delle piaghe più forti dell’Argentina. Qui le donne scompaiono come succedeva per i desaparesidos durante la dittatura
È una ferita aperta che va avanti da troppi anni ormai ma il fenomeno non accenna ad arrestarsi. È alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, ma nonostante sia una pratica illegale continua ad essere eseguita come se nulla fosse.
È il dramma delle donne in Argentina che vengono rapite e obbligate a prostituirsi. Vengono rapite o scompaiono misteriosamente nel nulla per poi ritrovarsi nei bordelli, i cosiddetti postriboli, o nelle case private per essere sfruttate a servizio del sesso. Ma nessuno ne ha traccia ufficialmente, scomparse e basta.
Le prove di tutto questo sono sparse nel Paese e soprattutto a Buenos Aires. Per la città sono sparsi ovunque, attaccati alle fermate degli autobus o ai cassonetti della spazzatura. Sono tantissimi fogliettini colorati con disegni vari: dai fiori ai cuori, passando per tacchi alti e silhouette di donne con a corredo un numero di telefono.
Indicano propri i bordelli nei quali si trovano tantissime donne costrette a prostituirsi, donne che arrivano da diverse zone del Paese, quelle più remote e indigenti ma anche straniere che vengono vendute da parenti o fidanzati, adescate o rapite e diventano schiave del sesso.
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Le schiave del sesso, la lotta per le donne
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Il fenomeno che coinvolge le donne che diventano schive del sesso in Argentina è sempre più attenzionato e c’è chi si batte per avere giustizia. L’associazione Madres victimas de trata composta da altre donne che lottano per trovare le proprie care, dalle madri alle sorelle, dalle nipoti alle zie fino alle proprie figlie, ogni terzo venerdì di ogni mese da quattro anni a questa parte fanno sentire la propria voce manifestando a Plaza de Mayo, la stessa piazza nella quale ogni giovedì manifestano le madri dei desaparecidos.
Le madri delle donne sparite o rapite si vestono di rosso e marciano verso il palazzo presidenziale di Casa Rosada accompagnate da un collettivo contro il sistema patriarcale. Chiedono risposte dallo Stato spiegando di voler sapere che fine hanno fatto le donne scomparse.
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Al collo, ognuno di loro, indossa un cartello che riporta la foto di una donna che ha fatto perdere le sue tracce, con nome e cognome, e con lo slogan che è un vero appello: “Scomparsa nelle reti della tratta”.