La prima serial killer italiana del Novecento che riduceva le sue vittime a saponette e dolcetti sciogliendole nella soda caustica.
Siamo nel settembre del 1939, a Correggio, una cittadina in Provincia di Reggio Emilia, in Emilia Romagna. Un posto molto piccolo ma pieno di cose da raccontare. Qui Faustina Setti, da sempre casalinga, un po’ ingenua, sulla settantina vive da sola, e all’improvviso decide di partire e di lasciare la città. Nessuno capisce bene il motivo perché lascia dietro di se delle spiegazioni al quanto contrastanti. Da quel momento di lei non si saprà più niente. L’unica cosa certa è che è partita. La verità è che nonostante la sua età aveva deciso di rivolgersi ad una amica, Leonarda Cianciulli per chiederle di leggerle le carte e sapere se per lei c’era ancora qualche speranza di poter trovare un uomo, un marito. Le carte promettevano bene e un bel giorno, la Cianciulli riuscì anche a convincerla del fatto che ci fosse un suo amico a Pola, bello e pure benestante, deciso a prenderla in sposa. Ovviamente questo amico non è mai esistito. Da vera manipolatrice, Leonarda Cianciulli, la convince a non parlare con nessuno della novità in modo da non suscitare invidie nelle altre signore della cittadina. Poi la convince anche a farsi intestare tutte le sue proprietà di cui si sarebbe occupata lei. Il giorno della partenza, di mattina, la Cianciulli invita Faustina per un caffè, per salutarsi. Qui, le dice di scrivere delle lettere che avrebbe spedito una volta arrivata a Pola ad amici e parenti, per rassicurarli sulla sua situazione. Ma la signora Setti, non raggiungerà mai Pola. Perché dopo il caffè, Leonarda Cianciulli la colpisce ripetutamente con un ascia, uccidendola. Dopodiché la trascina in uno stanzino e seziona il suo cadavere in nove parti, raccogliendo il sangue in un catino. Ai pezzi restanti ci aggiunge 7kg di soda caustica e mescola il tutto finché il corpo non si scioglie e diventa tutto un liquido scuro che poi decide di gettare in un pozzo li vicino. Quanto al sangue, ci aggiunge un po’ di farina, zucchero, cioccolato, latte, uova e un pochino di margarina. Impasta il tutto e ci fa una gran quantità di pasticcini da servie alle signore che venivano a trovarla ma qualcuno se lo mangiava pure lei e suo figlio, Giuseppe, che in tutto questo, qualche giorno dopo l’omicidio di Faustina, si reca a Pola per lavoro e imbuca le lettere della defunta come gli aveva esplicitamente chiesto la madre. Le lettere quindi, arriveranno a parenti e amici che saranno rincuorati nel saperla stare bene: sistemata e felice. O almeno così sembra.
Un anno dopo, nel settembre del 1940 ecco che succede qualcosa di molto simile. Questa volta la vittima prescelta è Francesca Soavi, maestra d’asilo, sola, sogna di andar via da Correggio e ha qualche soldo messo da parte. Leonarda Cianciulli le promette un posto di lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca è molto entusiasta e non vede l’ora di partire per vivere la sua nuova vita, attesa da anni e anni. Ma la mattina del 5 settembre 1940, il giorno in cui sarebbe dovuta partire, succede quello che è successo con Faustina Setti. Francesca si reca a casa della Cianciulli a prendere un caffè prima di partire. Qui, viene convinta a firmare un foglio con il quale decide di intestare i suoi beni a Leonarda. Dopodiché viene anche spinta a scrivere delle lettere per amici e parenti che avrebbe dovuto mandare da Correggio annunciando la sua partenza ma senza esporsi riguardo la destinazione. Gliela avrebbe comunicata una volta sistemata e cominciato a lavorare, quando sarebbe stata sicura che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Ma ovviamente, così non è stato. Non appena finito il caffè, ecco che l’assassina le si scaglia contro esattamente come aveva fatto con Faustina Setti. E poco dopo la sua morte, ancora una volta, incarica il figlio, Giuseppe, di recarsi a Piacenza e spedire le cartoline che Francesca aveva scritto. Così, ancora una volta, da qualche parte, ci sono dei parenti e degli amici che vivono nell’illusione di sapere una persona a loro cara al sicuro e finalmente felice della proprio vita. Quando invece, una vita non ce l’ha più.
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Nel giro di pochissimo tempo ecco che le si presenta una nuova occasione. Si tratta di Virginia Cacioppo, ex cantante lirica, 53enne che trascorre le giornate a raccontare del suo brillante passato di artista, del quale ancora non è pronta a volerselo lasciare alle spalle. Utilizzando quindi questo suo attaccamento alla fama passata come punto debole, Leonarda le promette un impiego a Firenze come segretaria di un grande impresario che avrebbe sicuramente potuto introdurla nell’ambiente teatrale. Virginia, naturalmente, non vede l’ora di partire. Alla sola idea di poter vagamente rivivere i bei tempi passati non sta più nella pelle. Anche a lei viene detto però che forse sarebbe meglio non dire niente a nessuno per il momento perché questo impresario era un ex amante di Leonarda e se si fosse saputo in giro che ancora lo frequentava, sarebbe stata disprezzata dalla sua famiglia e lei lo faceva solamente per il bene dell’amica, ovviamente. Così come le altre donne prima di lei, la mattina della partenza decide di andare a prendere un caffè a casa della Cianciulli per potersi salutare. Quello che succede dopo, è solamente il ripetersi di quello che ormai è diventato un rito per Leonarda Cianciulli. Questa volta poi, la vittima è un pochino più in carne delle altre due e Leonarda poi affermerà:
“la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce”.
Questa volta però, la vittima non è poi così sola. Infatti, è proprio grazie alla cognata che si riuscirà a scoprire il colpevole. Questa infatti si è subito insospettita della sparizione di Virginia e, inoltre, prima di sparire per sempre, l’aveva vista entrare in casa della Cianciulli che stranamente è la stessa donna che ha messo in vendita i beni della Cacioppo, dopo la presunta partenza. Decide così di confidare i suoi sospetti al questore di Reggio Emilia. Tutte le tracce conducono a Leonarda Cianciulli, la quale, senza esitazioni, confessa i tre omicidi.
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Nata a Montella di Avellino nel 1893, da Emilia Di Nolfi e da Mariano Cianciulli. Un infanzia infelice e difficile, credendo di essere odiata dalla madre che non l’aveva volta. Si sposa all’età di 21 anni con Raffaele Pansardi con il quale si trasferisce a Carreggio in un vecchio stabile in Via Cavour 11/A. Un evento sinistro della sua vita, Leonarda non l’ha mai dimenticato. Quando era piccola, una zingara le aveva predetto un terribile destino: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”. E dopo 17 gravidanze di cui tre parti prematuri e dieci figli morti precocemente in tenera età, per la Cianciulli quella diventa una incurabile ossessione. Si pensa che forse, è per questo che ha deciso di uccidere. Si tratterebbe di sacrifici umani per l’angoscia che la tormentava con l’avvicinarsi della guerra, soprattutto per il figlio maggiore, uno dei 4 sopravvissuti. Nella sua testa qualunque madre avrebbe fatto lo stesso: sacrifici umani in cambio della vita del figlio.
Morì nel manicomio giudiziario per donne di Pozzuoli, il 15 ottobre 1970.
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