Il topinambur è un alimento molto utile per contrastare il colesterolo cattivo e il diabete, ma è anche ipocalorico con azione probiotica
Spesso lungo le strade possiamo imbatterci in bellissime margherite gialle con lo stelo grande, in realtà non sono altro che il fiore di una radice ancora poco conosciuta e apprezzata nelle tavole degli italiani. Parliamo del topinambur, un tubero della pianta Helianthus tuberosus L., noto anche come “carciofo di Gerusalemme”.
Questa radice è conosciuta da secoli soprattutto nei Paesi dell’Est del mondo per la sua azione probiotica e l’attività immunostimolante. In Europa è stata introdotta nel 1600 diffondendosi nelle zone a clima temperato lungo le coste o in Pianura dove ci sono molti corsi d’acqua.
Il tubero ha un colore all’esterno rosso-violaceo o bianco e la polpa bianco-verdastra, questa è carnosa, di sapore delicato simile al carciofo ma con la consistenza tipica della patata.
Il topinambur, pur presentandosi come un vero e proprio tubero, è un alimento ipocalorico con circa 30 kcal per 100g di alimento fresco. Contiene per l’80% acqua, circa il 15% di carboidrati, proteine per il 2-3% e sali minerali tra cui potassio, circa 400 mg, fosforo, calcio e magnesio. È ricco di vitamine A, vitamina B e vitamina H che aiuta a ridurre la stanchezza, inappetenza, sonnolenza e dolori muscolari.
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Se durante la guerra il topinambur era considerato il cibo dei poveri, oggi è presente in molti ristoranti stellati per la sua versatilità in cucina e il sapore terroso ma dolciastro al palato. Questo tubero, al pari del carciofo, può essere consumato crudo a fettine sottili oppure cotto senza buccia.
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Tra le caratteristiche favorevoli da segnalare, la lunga conservabilità del topinambur, che si mantiene per molti giorni senza decomporsi in dispensa o in frigo. È possibile trovarlo anche sotto forma di farina che aggiunta in piccole percentuali ad altre farine rende i preparati adatti a diabetici e a persone con problemi di intestino pigro.
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