Maria Grazia Cucinotta sposa la causa dei bambini malati di Sma. Il farmaco salvavita costa quasi due milioni di euro, e l’attrice chiede l’aiuto del Governo e dell’Aifa per acquistare la cura
L’attrice siciliana combatte al fianco delle famiglie con pazienti colpiti da una rara malattia, la Sma, cioé una grave forma di atrofia muscolare spinale. “Sfrutto la mia visibilità per aiutare a salvare questi bambini – afferma Maria Grazia Cucinotta – voglio condividere le loro storie e far sentire le loro voci”.
La Sma provoca la perdita delle cellule nervose e porta alla paralisi totale, arrivando anche a impedire la respirazione. La malattia colpisce i neonati e viene diagnosticata nei primi sei mesi di vita ad un bambino su 80mila. Un male che porta a morte certa se non curato in tempo. L’unica speranza per i piccoli malati è il farmaco Zolgensma, il più costoso al mondo: 1,9 milioni di euro per una sola dose. Nel nostro Paese il farmaco è fornito gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, ma solo nei bambini al di sotto dei sei mesi d’età, mentre in altri Stati non esiste questo limite
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Cos’è la Sma e come si cura?
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Da qui nasce l’appello di 14 famiglie, i cui bambini hanno da poco superato la soglia dei sei mesi, e che dovrebbero pagare quasi due milioni di euro a testa per acquistare il farmaco e poter salvare la vita dei piccoli malati. Un appello di cui Maria Grazia Cucinotta ha voluto farsi portavoce: “Quasi due milioni di euro, una cifra che in pochissimi hanno a disposizione. Ma davanti a una vita umana non devono esistere interessi economici o logiche di business”.
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L’appello al Governo per salvare i bambini malati di Sma
Maria Grazia Cucinotta racconta l’iniziativa e la corsa contro il tempo: “Abbiamo rivolto un appello al ministro della Salute Roberto Speranza e al Direttore Generale Aifa Nicola Magrini affinché la terapia col farmaco Zolgensma possa essere effettuata da questi bambini oltre i sei mesi anche in Italia. Basterebbe le loro firma e i bambini avrebbero accesso all’iniezione”.
L’attrice de “Il Postino” incalza: “Se c’è anche una sola possibilità di salvare la vita ad un bambino bisogna provare. Discriminare sull’età significa condannarli a morte“.