Delitto di Cogne, come stanno i fatti a 19 anni dall’omicidio

Era il 30 gennaio 2002 quando il piccolo Samuele perse la vita a soli 3 anni dopo aver ricevuto 17 colpi con un corpo contundente.

 

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Esattamente 19 anni fa Cogne, un piccolo paesino della Valle d’Aosta, diviene il teatro di un efferato omicidio ai danni di un piccolo bambino indifeso.

Si tratta di Samuele che a soli 3 anni ha subito una tale violenza da aver sconvolto tutta Italia. Ancora più sconvolgente è stato il fatto che accusata di aver compiuto tale atrocità è la mamma. Colei che l’ha messo al mondo e avrebbe dovuto difenderlo e proteggerlo da qualunque altra cosa.

Erano le 8.28 quando Anna Maria Franzoni chiama il 118 in preda alla disperazione, implorando i soccorsi di aiutarla perché il figlio “vomita sangue“.

Il piccolo è stato dichiarato morto alle 9:55 e l’autopsia stabilì che il decesso è stato causato da almeno diciassette colpi sferrati con un corpo contundente. Sulla testa del bambino sono state rinvenute tracce di rame, probabilmente si è trattato di un mestolo ma l’arma del delitto non è mai stata ritrovata.

La mattina della tragedia, Anna Maria Franzoni accompagna il figlio più grande Davide alla fermata dell’autobus intorno alle 8.15, rientra in casa esattamente 9 minuti dopo, dove aveva lasciato il piccolo Samuele che ritrova ricoperto di sangue. A questo punto chiama sia l’ambulanza che la dottoressa Satragni, medico di famiglia, la quale arriva per prima e sostiene che il bambino può essere stato vittima di un’aneurisma: lo fascia, lo lava e lo porta in cortile posizionandolo su una barella d’emergenza, ma così facendo compromette per sempre la scena del delitto.

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Oggi Anna Maria Franzoni è una donna libera

 

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Dopo quaranta giorni la madre del piccolo Samuele finisce sul registro degli indagati e il 14 marzo viene arrestata, sarà difesa dal mediatico avvocato Taormina che trasferisce il processo in tv: da quel giorno la tragedia di Cogne diventa di dominio pubblico.

Sono tante le incongruenze relative a quel caso, gli atteggiamenti instabili e altalenanti della donna, l’arma del delitto mai ritrovata, le prove portate dall’accusa e confutate dalla difesa.

Il 21 maggio del 2008 la Cassazione confermò la sentenza d’appello condannando la Franzoni a 16 anni per l’omicidio di suo figlio: ne sconterà solamente sei in carcere durante i quali riuscì comunque ad ottenere dei permessi speciali per stare con la famiglia e lavorare.

Dal settembre 2018 Anna Maria Franzoni è una donna libera, i 16 anni di reclusione sono stati ridotti a meno di 11 grazie all’indulto e ai giorni di liberazione anticipata.

Secondo la difesa la Franzoni non uccise il figlio, poiché fu colpito mortalmente dall’assassino che si introdusse nella villetta della famiglia Lorenzi mentre la donna era alla fermata dello scuolabus per accompagnare il primogenito.

Continua a non spiegarsi come sia possibile che quando il piccolo Samuele ha perso la vita, la donna abbia chiesto a suo marito di aiutarla a rimanere incinta e non si spiega come l’uomo che aveva appena perso il figlio abbia acconsentito a tale richiesta, con la persona che era stata accusata di aver commesso l’omicidio.

Impossibile dimenticare anche come alla fine della prima intervista che Anna Maria Franzoni fece su Italia 1, dopo aver singhiozzato ad ogni frase ricordando il figlio morto, a telecamere spente, ha chiesto al giornalista senza più una lacrima: “Ho pianto troppo?”, con una freddezza e un cambiamento di atteggiamento repentino.

 

 

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Sono tante le domande ancora sospese a distanza di 19 anni dal delitto, l’unica certezza è che Samuele che oggi avrebbe avuto 22 anni, ne avrà 3 per sempre: strappato alla vita per 17 lunghissime volte.

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