Emergono nuovi particolari sul delitto di Roberta Siragusa, 17enne di Caccamo. L’assassino ha martoriato il corpo e ha rimesso a posto la sua stanza. In carcere il fidanzato Pietro Morreale, 19 anni. Per la giudice c’era “volontà di inquinare le prove”
Dopo l’omicidio avrebbe infierito sul cadavere e, una volta tornato a casa, avrebbe rimesso a posto la sua stanza, col preciso intento di nascondere le sue tracce. Sono solo alcuni degli elementi che emergono dal resoconto della giudice per le indagini preliminari Angela Lo Piparo. Dati che hanno portato alla custodia cautelare in carcere per Pietro Morreale, 19 anni, accusato di aver ucciso la fidanzata 17enne Roberta Siragusa e di averne bruciato e gettato il corpo da un burrone a Caccamo, fuori Palermo.
Il delitto è avvenuto la notte tra sabato 23 e domenica 24 gennaio, di ritorno da una festa a cui i due fidanzati aveva partecipato. La prova che Roberta fosse con Pietro è nei messaggi che la ragazza aveva inviato ad un amico, in cui gli scriveva che stavano ritornando insieme a casa. Pochi minuti dopo però Roberta è stata assassinata e il suo corpo dato alle fiamme. Un delitto brutale, tanto che la giudice ha affermato: “Le immagini lasciano sgomenti. Il corpo di Roberta nella parte inferiore è integro, ma devastato in quella superiore. Nel cranio c’è una vistosa ferita che si coglie perfettamente nelle foto”.
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Gli abusi sul corpo di Roberta Siragusa
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La gip Angela Lo Piparo commenta le immagini della scena del crimine: “L’assassino di Roberta Siragusa voleva cancellare la sua identità femminile“. “Quantomeno a livello gravemente indiziario – scrive poi la giudice – può ritenersi che Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta, la abbia uccisa (con modalità che solo successivamente si potranno accertare). Si ritiene che dopo aver comunque tentato un approccio (sessuale n.d.r.) poi le abbia dato fuoco, abbandonandola nella scarpata. Roberta ha il cranio rasato. Dovrà essere accertato se tale circostanza è dovuta ad un fenomeno di combustione o ad una orribile manifestazione di disprezzo e svilimento della sua identità femminile”.
C’erano già state avvisaglie del comportamento violento di Pietro nei confronti di Roberta. Anche il fratello della vittima che ha testimoniato che il ragazzo era un “soggetto aggressivo“, che faceva “uso di sostanze“. “Litigavano spesso – ha continuato il fratello – ma facevano sempre la pace, in un’occasione mentre erano a cena al ristorante, nel gennaio 2020, si erano addirittura picchiati”. Ma non era stata l’unica lite in cui Roberta e Petro erano passati alle mani. Anche altri amici hanno testimoniato sui maltrattamenti subiti da Roberta, che la scorsa estate aveva riportato un vistoso occhio nero. E che secondo suo fratello era dovuto sempre ad una lite col fidanzato Pietro.
La giudice: “Dopo l’omicidio, Pietro voleva cancellare le prove”
Ma ci sono altri indizi che indicherebbero non solo la colpevolezza di Pietro, ma la sua precisa volontà di inquinare le prove a suo carico. Lo scrive chiaramente la gip Angela Lo Piparo nel decreto con cui ne ha disposto la custodia cautelare in carcere. “La camera è ordinata perfettamente, nessun oggetto è fuori posto, il letto è rifatto, non ci sono abiti o altro, la scrivania sembra non essere mai stata utilizzata”. “Tutto ciò – chiarisce la giudice – contrasta con lo stato di turbamento emotivo e con l’inevitabile trambusto della rivelazione ai genitori di quella verità che essi hanno detto essergli svelata dal figlio. Lo choc emotivo che doveva presumibilmente coinvolgere l’intero nucleo familiare è difficilmente conciliabile con il pensiero di rigovernare con incredibile cura la cameretta di Pietro”. Una teoria che sarebbe convalidata anche dalle testimonianze fornite dai familiari del ragazzo, che si sarebbero più volte contraddetti.
La giudice ha quindi determinato che “il gravissimo quadro cautelare, il rischio di inquinamento prove, l’estrema gravità della condotta, la determinazione criminale e la possibilità che reiteri il reati”, siano elementi più che sufficienti per la carcerazione cautelare di Pietro Morreale.
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Pietro si era presentato in caserma la scorsa domenica mattina ed era stato lui ad indirizzare i carabinieri per il ritrovamento del corpo di Roberta. Il ragazzo però sostiene che sia stata la ragazza a darsi fuoco e a gettarsi nel dirupo, e continua a negare di essere lui l’autore della sua morte.