Forse il 2021 è l’ultimo anno per accedere al regime forfettario al 15% e pagare quindi meno tasse. Vediamo i dettagli
Qualche anno fa era conosciuto come regime dei “minimi” per gli autonomi non strutturati che guadagnavano sotto una certa soglia di benefit all’anno, come freelance, o comunque persone che hanno aperto la partita IVA per incassare lo stipendio di un secondo lavoro. Ora la situazione è decisamente cambiata.
Il regime forfettario adesso si limita a prevedere la soglia massima di incassi entro la quale si ha diritto alla tassazione agevolata, situazione diversa rispetto a quando invece è stato introdotto nel 2015. Lo stato del nuovo regime di tassazione è stato spiegato in modo molto chiaro da Giuseppe Pisauro, Presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio:
“Tale regime, a differenza dei precedenti, minimi e forfettari non si configura come un’agevolazione a soggetti con attività professionale o di impresa marginale e non strutturata. E’ come una vera e propria detassazione che riguarda il 60% dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali e questo crea iniquità”.
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Regime forfettario, nessuna modifica per le partite Iva, cambia l’aliquota del 15%
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Una situazione quindi di profonda iniquità che coinvolge soggetti che prima sembravano essere marginalmente tutelati. Incentiva invece le imprese ed i soggetti a fatturare molto meno dei 65mila euro annui per non incorrere in penali e situazioni di svantaggio.
Finora non sembra ci siano profondi stravolgimenti per i detentori di partite IVA nel 2021, né per quelle ordinarie né per quelle agevolate. La situazione invece potrebbe cambiare riguardo le aliquote Irpef che prima si aggirava sul 15% per i forfettari.
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Attualmente sono due le proposte al vaglio e che saranno ufficializzate nei prossimi mesi: ovvero un’imposta con aliquota unica del 24% per il reddito da attività d’impresa e delle aliquote Irpef progressive dichiarate da professionisti o imprenditori.