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Interviste

Irama, la conferenza stampa: “A Sanremo tra colori, moda… e una buona scorta di Gin tonic”

Grande ritorno alle origini per Irama: l’artista parteciperà alla 71º edizione del Festival di Sanremo. Anche noi di Yeslife eravamo presenti alla conferenza stampa di presentazione del suo brano, “La genesi del tuo colore”.

Irama (crediti Nicolò Parseziani)

Se c’è una persona che sa fare le cose per bene, quella persona è sicuramente Irama. L’artista ci ha accolto alla sua conferenza stampa con una buona scorta di gin tonic, non prima di essersi premurato che tutti, seppur a distanza, avessimo ricevuto l’occorrente per brindare con lui. Nell’atmosfera di confidenza e convivialità che si è subito venuta a creare, ci ha parlato della sua primissima volta all’Ariston e del suo grande ritorno al Festival, dell’idea che ha dato il via al brano, della collaborazione con Dardust, dei momenti grigi del lockdown. Grazie alla sua innata capacità di apparire al contempo professionale e alla mano, ci ha trasportato nel suo universo di musica e colori, tratteggiando, seppur con il riserbo che si addice ad ogni brano sanremese, il profilo di quello che ama definire un “inno alla vita”.

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La genesi del tuo colore, storia di un brano nato per caso

Irama (crediti Nicolò Parsenziani)

La genesi del tuo colore non è nato prettamente come brano sanremese – ci ha raccontato Irama in apertura della conferenza stampa – In generale quando scrivo tendo a seguire una sorta di flusso creativo. È nato tutto in maniera molto spontanea da un’immagine che mi ha al contempo traumatizzato e cullato”.

Dunque il desiderio di rispettare il tuo percorso musicale è stato superiore a quello di essere “sanremese”? 

Assolutamente sì. Oggi il termine “sanremese” è andato un po’ a scemare per via del sopraggiungere di nuove leve (delle quali faccio parte anche io) che hanno raccontato la proprio musica in modo ibrido. Il brano non è nato prettamente come brano sanremese, ma appena l’ho finito, ho pensato di volerlo raccontare. È stata una cosa decisa più a livello di “vibrazione” che di strategia. Non sono affatto un buono stratega.

Com’è arrivata di preciso l’idea di partecipare al Festival?

Come dicevo, è nato tutto in maniera molto spontanea. Quando ho scritto la canzone sentivo di volerla condividere con il mondo e quello di Sanremo mi sembrava un palco importante per farlo. Sono felice che il direttore artistico l’abbia colta. Spero che possa farlo anche la gente.

Il tuo pezzo è una ventata di freschezza, di estate fuori stagione. Volevi portare questo sul palco dell’Ariston?

La canzone è un uptempo e come tutti gli uptempo ha sicuramente qualcosa di fresco, qualcosa che ti accompagna come un treno. Però, proprio come un treno, sei costretto a salirci e una volta che sei sui vagoni ti accorgi che ci sono delle venature malinconiche che sono predominanti. La canzone è stata scritta a partire da un tema malinconico. Nasce da un filmato di un ragazzo che rasa la testa ad una ragazza mentre piange e subito dopo inizia a rasarsi lui stesso i capelli. È un’immagine intraducibile, non saprei descriverla. Vederla mi ha scosso, ho sentito freddo alle ossa. Ancora oggi mi scava dentro. È un po’ come se la canzone fosse una moneta, ci sono due facce. Se arriva immediatamente, si coglie l’energia, dall’altra parte però c’è anche una venatura di sofferenza, di vita vera.

C’è un aspetto a livello strumentale che secondo te arriva di più?

Credo che in generale sia un bel connubio tra parte orchestrale e parte elettronica. Entrambi i mondi danzano insieme nella canzone. I musicisti avranno grande spazio per suonare. Con Dario (Dardust) e Giulio Nenna abbiamo seguito tutto nel dettaglio in modo che tutti possano suonare ed esprimere le proprie emozioni, quindi la parte strumentale sarà sicuramente predominante.

Dardust ha lavorato al tuo pezzo. Che rapporto hai con lui? Sarà lui a dirigere l’orchestra?

Il rapporto con Dario è un rapporto di stima reciproca. Quando ho iniziato a buttare giù le parole, ho pensato a lui perché era il tipo di musica di cui avevo bisogno. Mi sono approcciato ad un artista ed è questa secondo me la cosa magica. Però non so se sarà lui a dirigere l’orchestra. È un momento molto particolare, ci stiamo ancora organizzando.

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Tra lockdown e musica, quando la vita “esplode”

Irama (crediti Nicolò Parsenziani)

Durante il corso della conferenza stampa, Irama ci ha parlato di sé, della sua esperienza durante il lockdown e di quelle cose che – come canta nella canzone – fanno esplodere dentro di lui il colore.

Come ha influito sui tuoi testi il periodo di lockdown forzato?

In realtà il periodo di lockdown non mi ha toccato molto a livello artistico. Sono un po’ un lupo solitario, tendo molto ad isolarmi, magari insieme a dei musicisti, per fare musica e tirare fuori quello che abbiamo dentro. Anche La genesi del tuo colore, non essendo un brano di cronaca, non é stata particolarmente condizionata dalla situazione. Dal punto di vista personale, invece, il lockdown ha influito molto. Ci ha reso sicuramente più attenti ma è stato anche un bel peso. Sarà un capitolo di storia, un giorno.

Dici che nei momenti di sofferenza nasce qualcosa dentro di noi che fa “scoppiare il colore”. Quali sono le situazioni che a te fanno scoppiare il colore?

È una domanda difficile, penso che potrei scriverci un libro a riguardo. La vita è talmente lunga e talmente ricca che è impossibile racchiuderla. Però ci sono delle cose come la morte che a me fanno molto riflettere. Noi siamo abituati a vedere la morte come un momento in cui tutto si spegne e poi pensiamo al massimo a qualcosa di positivo in un secondo momento. Ma per alcune culture la morte è un’esperienza in cui tutto si accende. Credo sia in parte una questione culturale e in parte di sensazione. Le mie sensazioni sono molto legate allo “spirito”. È nei momenti di sofferenza e in quelli in cui ti succedono cose inaspettate che ti rendi conto di avere uno spirito, un’anima. Quando soffri troppo o quando sei troppo felice, nei momenti che non puoi controllare e non puoi decidere… è lì che ti esplode il colore.

Quando qualche giorno fa ti è stato chiesto “Come cerchi di vivere?”, hai risposto “cerco di sopravvivere”. Cosa vuol dire questa risposta?

Ci sono dei momenti nella vita in cui ti accorgi di avere qualcosa soltanto quando la perdi. È un grande classico, ma anche una grande verità. Spesso quando viviamo non riusciamo a goderci tutto a pieno. Io stesso faccio una grande fatica. Mi accade tutto talmente velocemente che mi sfugge, quindi più che vivere realmente tendo a “sopravvivere” a tutti gli eventi che continuano a bombardarci. Secondo me il momento in cui riesci a vivere tutto quanto è quello in cui hai il tempo di girarti per godertelo.

Ritorno all’Ariston, dove tutto è cominciato

Irama (foto Nicolò Parsenziani)

Anche noi di Yeslife abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Irama, domandandogli cosa significasse per lui tornare sul palco da dove è partito, nel 2016, con il brano Cosa resterà (inserito nella categoria Nuove Proposte).

Nel 2016 hai cantato per la prima volta all’Ariston, poi a novembre del 2018 è arrivato il tuo primo concerto a Largo Venue, un locale con una capienza di appena 500 persone. Rispetto ai tuoi inizi, cosa significa per te salire sul palco di Sanremo? Te lo saresti mai aspettato allora?

Credo che significhi soprattutto più consapevolezza. Non si cresce solo a livello artistico, ma anche a livello anagrafico, e crescendo acquisisci qualcosa “di più”. E poi ci sono ovviamente più responsabilità. Però se devo essere sincero, mi sembra sempre come se fosse la prima volta. Il bello di questo mestiere (ma penso che sia un po’ il bello di chi lavora nell’arte, in generale) è che ogni volta che ti approcci ad una nuova esperienza lo fai con un’idea creativa differente e quindi è come se fosse un nuovo inizio. Poi sono comunque molto giovane, ho sia tanto da imparare che tanto da dare. È davvero come se fosse un nuovo inizio e me la vivrò in maniera genuina.

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Sanremo 2021: gesti scaramantici, prove con l’orchestra e qualche bicchiere di Gin

Il Festival è sempre più vicino e Irama si prepara a perfezionare gli ultimi dettagli della sua esibizione. Scaramantico come è sempre stato (e non ha mai nascosto di essere) ci parla di rituali e prove con l’orchestra, tenendosi per sé tutti quei piccoli particolari che – spera – renderanno la sua performance uno “show indimenticabile”.

I tuoi concerti sono dei veri e propri spettacoli dal punto di vista scenografico. Cosa hai architettato per “colorare” il brano dal punto di vista visivo?

Per il momento non voglio “spoilerare” niente. È ancora un work in progress. Sicuramente a livello visivo, di outfit, ci saranno collaborazioni molto importanti nate dalla mia passione per la moda. Per quanto riguarda lo “spettacolo” in sé, ci tengo tantissimo perché quando vado ad un concerto mi fa piacere non trovare solo il disco, ma un vero e proprio show che possa raccontare e tenermi dentro per sempre. Sul palco ci sarà sicuramente qualcosa di particolare a livello visivo, ma non posso spoilerare niente… è davvero difficile raccontare senza raccontare (ride).

E le prime prove con l’orchestra, come sono andate?

Sono andate davvero bene, sono molto contento. Mi è piaciuto cantare con loro e ho visto che a fine esibizione l’orchestra ha espresso il suo apprezzamento sulla canzone. Mi hanno fatto sentire a mio agio, nonostante il palco così importante.

Prima di salire sul palco hai un gesto scaramantico?

Sono talmente scaramantico che non posso avere gesti scaramantici, perché se mi dimenticassi di farli sarei fregato. Preferisco vietare al mio cervello di avere rituali di questo tipo.

Come ti stai preparando alla gara?

Con il mio kit di Gin tonic (ride)

 

COSTANZA BORDIGA

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