Emirati Arabi ed Israele sarebbero in procinto di costruire un oleodotto che potrebbe mettere a repentaglio la barriera corallina del Mar Rosso: rischio disastro ambientale.
Un accordo di rilevante spessore economico, ma che tuttavia richiederebbe un prezzo troppo alto da pagare per l’ambiente. Questo quanto denunciato da numerosi attivisti all’esito della notizia che Emirati Arabi ed Israele sarebbero in procinto di costruire un oleodotto che potrebbe arrecare danno alla barriera corallina del Mar Rosso.
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La possibilità è quella che si registri un disastro ambientale di proporzioni epiche. Questo quanto denunciato da un gruppo di ambientalisti dopo la divulgazione della notizia che Israele ed Emirati Arabi sarebbero in procinto di costruire un oleodotto. L’accordo tra le due potenze è stato raggiunto lo scorso ottobre e secondo gli attivisti sarebbe una minaccia seria ed imminente per la barriera corallina del Mar Rosso, una delle più ricche di biodiversità del pianeta, sita a poco più di 200 metri dal sito. Per non parlare del tasso di inquinamento sia atmosferico che a livello marino il quale, secondo dati statistici, potrebbe esponenzialmente aumentare all’interno del porto di Eilat.
L’accordo intercorso tra le parti rientra nell’ambito di un progetto di appianamento, ribattezzato Accordi di Abramo, portato avanti e sponsorizzato da Donald Trump. Si tratta di un piano di appacificamento che vede le nazioni, da sempre caratterizzate da un forte conflitto, avvicinare i propri interessi. Primi fra tutti quelli relativi al comparto petrolifero.
Proprio di tale settore fa parte la costruzione sul tanto criticato oleodotto il cui scopo è quello di far transitare il petrolio degli Emirati dal porto di Eliat sino ad Israele. Ovviamente se da un lato economico significa la svolta, l’impatto ambientale potrebbe essere devastante. La preoccupazione maggiore, sorge in ordine ad una possibilità di sversamenti in acqua.
Proprio per tale ragione, poco più di 10 giorni fa oltre duecento persone si sono unite in una manifestazione organizzata nei pressi del porto per protestare contro la decisione del governo, chiedendo uno stop della costruzione. Alcuni attivisti hanno annunciato la loro volontà di mettere in atto una vera e propria rivolta.
La possibilità che Eilat diventi un centro smistamento del greggio non è per nulla condivisa sia per il danno che potrebbe arrecare all’ambiente, sia per l’allontanamento di turisti – considerando che Eliat da sempre promuove la sostenibilità del suo turismo-, per non considerare i riverberi pregiudizievoli sulla salute dei cittadini.
Le rassicurazioni circa la grande affidabilità delle nuove navi non riesce ad appianare i timori, sempre costanti a causa di possibili guasti o malfunzionamenti. Sostanzialmente gli attivisti non accettano che le Istituzioni si accollino un potenziale rischio come questo, che per lo sfruttamento delle risorse mettano a repentaglio la sopravvivenza di un bacino di biodiversità dal valore inestimabile.
Il quadro generale relativo alle barriere coralline di tutto il mondo è già di per sé drammatico. Il fenomeno dello sbiancamento continua ad incombere ed il cambiamento climatico si aggrava sempre di più.
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La barriera corallina di Eliat, invece, sembrerebbe essere l’unica a non essere stata stravolta: un motivo in più per proteggerla.
M.S.
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