Uno studio ha scoperto che è possibile utilizzare le balene come degli indicatori del cambiamento climatico in Antartide.
Le balene rappresentano importanti indicatori per mostrare gli effetti del cambiamento climatico sul pianeta. Questo quanto scoperto dalla Griffith University, che ha deciso di condurre uno specifico studio avvalendosi delle megattere dell’Antartide.
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Balene, indicatori del cambiamento climatico: lo studio della Griffith University
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Numerosi sono gli animali che vengono studiati dall’uomo per comprendere gli effetti del cambiamento climatico. Dagli insetti, alle stelle marine per poi giungere alle balene. Sono proprio i mastodontici animali ad essere al centro dello studio della Griffith University che ha deciso di condurre una ricerca sulle megattere dell’Antartide dove il fenomeno sembra sempre più inarrestabile.
Si chiama Humpback Whale Sentinel, il programma guidato dalla professoressa Susan Bengtson Nash del Center of Planetary Health and Food Security. Attraverso i dati raccolti nell’ultimo decennio dalle popolazioni di balene sono stati forniti importanti indizi sullo stato del ghiaccio marino antartico.
La dottoressa Nash, riporta la Griffith University, ha dichiarato che condurre ricerche in un luogo così inospitale è arduo. Soprattutto adesso, che il numero degli spedizionieri è ridotto a causa del Covid-19. Il programma attivato, però, riesce a far ovviare tutte queste problematica. La professoressa afferma: “Il programma Humpback Whale Sentinel, evita tutti questi problemi raccogliendo campioni di grasso di balena dalle megattere durante la loro migrazione invernale verso i luoghi di riproduzione in acque più calde“.
Ma come? Utilizzando una specie di freccia vengono prelevati di campioni di pelle e grasso e dalle balene quando si trovano in Australia, Brasile. Il gruppo di lavoro ricava, quindi, un quadro istantaneo della loro salute e riesce a verificare se l’inquinamento abbia intaccato la loro vita o le loro abitudini alimentari.
Una tecnica che non è assolutamente invasiva o dolorosa per gli animali, paragonabile spiega la dottoressa ad una puntura di zanzara per l’uomo.
Sono piccoli campioni, sottolinea la Nash ma che tanto ci dicono sulla popolazione. Le proteine, gli acidi, le sostanze nel grasso svelano se gli animali hanno sofferto di qualche patologia, se hanno mangiato, e se fattori esterni hanno intaccato i loro parametri.
Proprio grazie a tale procedimento si è scoperta una correlazione tra bassi livelli di ghiaccio marino e, purtroppo, cattiva salute delle balene. La prima volta che è stata rilevata la connessione, spiega la professoressa stando a quanto riferisce la Griffith University, è stato nel 2010. In quell’anno il ghiaccio marino raggiunse livelli bassissimi facendo diminuire anche il fitoplancton, cibo delle balene. Per tale ragione le megattere iniziarono a mutare la loro dieta.
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Avrebbero iniziato ad alimentarsi con il krill antartico, delle larve che si muovono nelle acque e che lì trovano ambiente fertile per la loro distribuzione. Con l’aumento delle temperature e lo scioglimento dei ghiacciai è quasi certo che inizierà ad espandersi, quindi, anche verso sud.
M.S.