Un grandissimo debutto a Sanremo per i Måneskin. La giovanissima band romana ne ha parlato in conferenza stampa.
Anche noi di Yeslife eravamo presenti alla conferenza stampa di presentazione di Teatro d’ira, il nuovo album dei Måneskin in uscita dal 19 marzo. Si tratta del secondo album in studio per la band, terzo se si considera anche il primo EP. Nell’ambito dell’incontro, gli artisti hanno avuto il piacere di annunciare alla stampa due nuove date per un tour che inizierà in autunno e li vedrà suonare per la prima volta nei principali palazzetti d’Italia.
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Buonasera ragazzi. Raccontateci come nasce la vostra canzone.
Damiano: La canzone nasce molto prima di X-Factor. È un brano che avevamo già pronta da tempo, ma che abbiamo poi riadattato di volta in volta al variare del nostro stile.
A chi è rivolto questo titolo, “Zitti e buoni”?
Damiano: Non è rivolto a nessuno in particolare, non abbiamo dei veri e propri nemici nel mondo (ride). Si tratta più di una dichiarazione di intenti. Siamo una band musicale, che ha studiato negli ultimi anni per arrivare ad avere un sound ed un’identità riconoscibili. Una volta arrivati alla creazione e al riconoscimento di questa identità, ciò che diciamo è: “Questi siamo noi, questo è il nostro progetto e nessuno potrà più spostarci adesso”.
Perché portarlo a Sanremo?
Victoria: È una cosa che ci è venuta molto naturale. Mentre stavamo scrivendo i brani del nuovo album ci siamo detti che questo brano ci rispecchiava talmente tanto ed era talmente tanto sbagliato per Sanremo da sembrare quasi giusto. La cosa che ci piace è che siamo riusciti ad arrivare su un palco importantissimo, un palco storico, dove molte persone pensano che ci si debba omologare e portare solo un determinato genere. Quello che stiamo mostrando e di cui siamo molto fieri è che se uno crede in ciò che fa ed è veramente genuino e trasparente, questa cosa ripaga. Non vogliamo imporci limiti e doverci incasellare in generi che non sono nostri. Vogliamo semplicemente fare quello che ci piace.
Come è nata l’idea di invitare Manuel Agnelli come ospite speciale per la serata cover?
Victoria: Manuel ci è venuto subito in mente perché è una delle figure portanti in Italia per quanto riguarda questo genere di musica. Dopo l’esperienza di X Factor abbiamo sempre conservato un legame speciale con lui. È sempre stato uno dei primi a spronarci ad essere noi stessi e non farci imporre limiti da nessuno.
Che differenza c’è tra il palco di X Factor e quello di Sanremo?
Damiano: La differenza sostanziale è che all’epoca c’era il pubblico (ride). A parte gli scherzi, sono due palchi molto diversi e molto simili allo stesso tempo. Chiaramente X Factor è più un talent, mentre Sanremo è un Festival. In questo caso conta un po’ meno la competizione. Non si parla più di artisti emergenti, hanno tutti delle carriere già avviate, quindi non c’è più il volersi per forza superare l’uno con l’altro.
Per quanto riguarda la preparazione al palco, fate qualcosa dal punto di vista fisico?
Damiano: Io sinceramente non faccio un cazzo!
Victoria: Neanche io. Meno di niente.
Damiano: Ethan è l’unico che ogni tanto fa le flessioni, ma per ora abbiamo ancora i metabolismo veloci. Tra un po’ dovremo cominciare ad allenarci.
Che cosa vi sta regalando questo Festival? Le vostre aspettative sono state soddisfatte?
Damiano: Avevamo davvero poche aspettative, perché sapevamo di star portando un pezzo “scomodo”, non in linea con il contesto. In realtà il feedback esterno ci ha stupiti molto. Non era né scontato né pronosticabile.
In queste ore Vasco Rossi ha dichiarato sui social di fare il tifo per voi. Che effetto vi fa?
Damiano: È un riconoscimento importantissimo per noi. Se Vasco tifa per noi, siamo consacrati come band rock (ridono tutti).
Cosa potete dirci riguardo all’album?
Thomas: La parola chiave è sicuramente naturalezza. È il racconto di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni, durante il tour, ma soprattutto durante l’esperienza a Londra. Siamo andati a registrarlo al Mulino Recording, una sorta di casa-studio che ci ha permesso di fare tutto live. La sala studio era al piano terra e ai piani superiori c’erano le camere. Potevamo scendere in qualsiasi momento e lasciarci trasportare dall’ispirazione, soprattutto di notte. È stato registrato tutto in presa diretta. Avevamo bisogno di far emergere la parte musicale… con l’ausilio ovviamente della voce di Damiano.
Damiano: Ah, sono solo un ausilio (ride).
Ethan: Ciò che ci teniamo a specificare è che il lavoro per questo disco inizia molti anni fa, forse addirittura quando ci siamo conosciuti. È un album che ci rappresenta appieno, che rappresenta il nostro percorso e le influenze che abbiamo avuto. Abbiamo raggiunto una certa maturazione dal punto di vista dei singoli strumenti e questa maturazione è andata poi ad influenzare l’intero gruppo.
Perché questo titolo?
Damiano: Abbiamo voluto creare una sorta di contrasto, perché il teatro è un luogo elegante, raffinato. Abbiamo voluto posizionare l’ira in un luogo del genere proprio per passare il messaggio che non si tratta di una rabbia distruttiva, ma costruttiva. Possiamo definirla una rabbia catartica, che spinge alle rivoluzioni.
Avete due nuove date in programma
Damiano: Sì, abbiamo annunciato due date, sperando che tutto vada bene. Il 14 dicembre saremo al Palazzo dello Sport di Roma e il 18 dicembre al Forum di Milano.
Victoria: Saranno i nostri primi palazzetti!
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Quali sono le dinamiche del vostro gruppo? Descrivetevi con un aggettivo
Damiano: Victoria è sicuramente quella più “sul pezzo”. A livello logistico è molto più brava di noi. Thomas è quello che risolleva un po’ gli animi. È sempre pieno di positività e sorrisi. Ethan è un po’ il “maestrino” di turno. Quando c’è un problema con un pezzo lui ti dice esattamente dove sei e cosa devi fare. E io… metto benzina, diciamo.
Victoria: Lui è un incendiario.
Non ci sono più tante giovani band ormai. Secondo voi perché la vostra generazione sta appendendo la chitarra al chiodo?
Thomas: Noi abbiamo avuto la fortuna di avere un background musicale grazie ai nostri genitori. Secondo me tanti ragazzi si oggi hanno interessi e gusti differenti perché sono cresciuti in un ambiente differente. Da un certo punto di vista, ci sentiamo quasi “in dovere” di riportare in auge la musica rock e gli strumenti analogici.
Damiano: Aggiungo anche che agli inizi abbiamo avuto davvero difficoltà a trovare un posto dove suonare. Siamo quattro persone e tra strumenti ed amplificatori occupavamo molto spazio. Spesso è scomodo ospitare una band.
Victoria: Speriamo che qualche ragazzo veda le nostre esibizioni e si appassioni ad uno strumento.
Il lavoro che ha fatto Etro con il vostro look è incredibile. Qual è stato il percorso che avete fatto da questo punto di vista e quanto la vostra musica vi assomiglia?
Damiano: Abbiamo lavorato a stretto contatto con il team di Etro, dando le nostre reference, foto di gruppi o artisti, ma anche concetti che ci venivano in mente.
Victoria: L’idea del corsetto, per esempio, nasce dalla voglia di abbattere gli stereotipi di genere. Ci rispecchia molto.
Avete mai pensato di essere troppo maturi per il pubblico che vi segue e al quale vi siete rivolti inizialmente?
Tutti: Ma no!
Damiano: No, penso sarebbe un po’ presuntuoso da parte nostra. Queste valutazioni tendiamo a non farle. Noi scriviamo la nostra musica e cerchiamo di solidificare la nostra identità. Non ci sentiamo né degli incompresi, né dei grandi geni che non verranno mai capiti. Ci sentiamo dei musicisti con del potenziale, facciamo il nostro e cerchiamo di essere soddisfatti di ciò che facciamo. A quel punto il risultato diventa relativo.
Victoria: Tra l’altro molti dei nostri fan si sono dimostrati molto aperti mentalmente. Spesso c’è il preconcetto che il rock non sia per le ragazze giovani, come se dovessero avere sempre il teen idol, mentre solo gli uomini adulti ascoltano il vero rock. Il nostro pubblico è sempre stato molto aperto e noi siamo felicissimi di avere persone che ci seguono e ci capiscono a prescindere dal genere che facciamo.
Damiano: La sincerità nella musica paga e noi siamo sempre molto sinceri.
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