In occasione della Giornata internazionale della donna, le atlete hanno denunciato le disuguaglianze nel mondo del calcio.
À Rennes. Les footballeuses, privées de short, jouent en culotte https://t.co/Psm7TKzbKc
— Ouest-France (@OuestFrance) March 7, 2021
Quello delle calciatrici di Rennes è un modo alternativo per denunciare le disuguaglianze di genere. In occasione della Giornata internazionale della donna, le atlete del club Cercle Paul-Bert Bréquigny (Bretagna) si sono riunite questa domenica 7 marzo per allenarsi senza pantaloncini come segno di protesta contro le evidenti differenze che separano nettamente la sfera maschile da quella femminile in ogni ambito sociale e professionale. Lo stigma di genere è presente anche nel mondo del calcio: l’iniziativa di denuncia è stata accolta da tutte le atlete del CPB di Rennes, città francese nel dipartimento dell’Ille-et-Vilaine.
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Senza pantaloncini nonostante il freddo
Secondo quanto riporta Ouest-France, le calciatrici hanno indossato solo parte dell’uniforme messa a disposizione in seguito alla qualificazione alla Coupe de France. Prive di pantaloncini, le ragazze hanno denunciato di avere “solamente la maglia; mentre i ragazzi hanno maglietta, pantaloncini e calze abbinate”, precisa Manon Eluère, la quale si rammarica delle differenze di genere, percettibili anche in piccole accortezze come quelle relative all’identity della sua squadra attraverso l’abbigliamento: “le disuguaglianze restano, indipendentemente dal contesto.”
La maglietta in questione era stata progettata per gli uomini ed era abbastanza lunga da coprire interamente, senza tuttavia ostacolare il loro allenamento calcistico quotidiano. Le disuguaglianze sono visibili anche oltre il livello meramente materiale. Manon Eluère ha difatti precisato che la seconda divisione del calcio femminile è ancora ferma a livello nazionale a causa della crisi sanitaria; a differenza di tre divisioni maschili, i cui membri hanno potuto riprendere le attività.
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Il messaggio è importante: lo stigma di genere è un problema culturale internazionale, sistematico e strutturale che deve essere eliminato e per cui bisogna costantemente lottare; non solo l’8 marzo.
Fonte Ouest France