In occasione dell’8 marzo, la manifestazione coordinata dall’organizzazione Non Una di Meno libera a Roma il colore della lotta comune.
L’8 marzo è un giorno di lotta e “c’è ancora tanto da fare e poco da festeggiare“, ricorda una tra le centinaia di manifestanti scese in Piazza Esquilino. Oltre allo striscione fucsia, a cingere l’obelisco sono donne, uomini, anziani; ma soprattutto studenti e studentesse provenienti da 20 licei romani.
In occasione della Giornata internazionale della donna, il territorio che abbraccia l’abside della Basilica di Santa Maria Maggiore pullula non di fiori, bensì di scritte, megafoni e cartelli. Corpi e vite diverse hanno rianimato il quindicesimo rione della capitale con i colori della lotta comune verso la riconquista della propria autonomia.
Contro la recisione cromatica nazionale, Roma diventa “Zona Fucsia”, libera dal patriarcato e dal maschilismo. La provocatoria iniziativa coordinata dall’organizzazione Non Una di Meno irrompe il silenzio con la decisa vibrazione di un unico grido; quello del dissenso. La moltitudine si risolve nella singolarità dell’adesione all’appello contro stigma e violenza di genere.
LEGGI ANCHE >>> Stupro Villa Gordiani, la rabbia dei manifestanti – VIDEO
Roma diventa Zona Fucsia: Questione di Genere
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE >>> Stupro al parco di Villa Gordiani, arriva la solidarietà dal quartiere: “Non sei sola”
Ombrelli, fumogeni e mascherine si tingono del colore simbolo dell’identità di genere. L’acceso fucsia con sprazzi di viola ha inchiostrato Piazza Esquilino per ricordare la necessità di correggere la percezione disfunzionale del nostro sistema culturale; un problema sistematico e strutturale ormai esteso a livello internazionale, dove essere donna significa avere meno.
Tra le privazioni abbiamo il gender pay gap, vale a dire la differenza di salario annuale percepito dalle donne rispetto degli uomini. Si tratta di una triste realtà che trova conferma nei dati Eurostat: le cifre posizionano l’Italia tra i peggiori paesi a livello di divario salariale. Serve parità attraverso il monitoraggio dei fondi, ridistribuzione della ricchezza con salari più degni affinché autodeterminazione ed emancipazione possano liberarsi contro violenza e ricatti.
Oltre al fattore economico, le donne si trovano ancora nude di alcuni diritti fondamentali, a partire dal fondamentale: il diritto alla vita. L’anno marchiato dalla pandemia virale non ha tolto solo il lavoro. I fenomeni di violenza sono aumentati dall’emergenza Covid-19. Il coronavirus ha invaso le nostre case, proibito gli abbracci e chiuso a chiave le nostre porte; provocando una considerevole accelerazione degli abusi psicologici e fisici, fino all’apice del femminicidio.
L’8 marzo 15 corpi si sono stesi a terra per simboleggiare le donne che sono state uccise in Italia da gennaio 2021. La violenza di genere è una tragica realtà figlia di un sistema che ha necessariamente bisogno di ricorrere al sopruso per affermare la propria identità. Ancora una volta, l’Italia riporta un drammatico bollettino: una donna viene uccisa ogni tre giorni. Serve più ascolto, socializzazione della cura e democratizzazione universale del welfare pubblico. Servono altri sportelli e nuovi centri anti-violenza, dove le chiamate al numero 1522 sono vertiginosamente aumentate dal primo lockdown, il 75% in più rispetto all’anno precedente (Istat).
Oltre alla vita, avere meno per una donna significa essere nuda nell’ambito professionale. Anche in questo caso i dati Istat sono allarmanti. Attualmente gli occupati sono diminuiti di 101mila unità, una cifra che diventa ancora più esasperata se si analizza la suddivisione in base al genere. Il crollo occupazionale è tutto al femminile: 99mila donne sono disoccupate o inattive. Tradotto: il 98% delle donne ha perso il lavoro. Pertanto, in nome dei principi della Costituzione le donne rivendicano oggi non solo il loro ruolo sociale, ma soprattutto il loro essere in primis persone e non macchine adibite alla riproduzione e al lavoro domestico. Serve più sensibilizzazione pubblica e sociale del diritto alla vita e alla salute.
“Essenziali sono le nostre vite. Essenziale è il nostro sciopero”, dopo il lungo periodo contrassegnato dall’essenza di corpi, l’organizzazione femminista torna in piazza. Dopo il minuto di “silenzio urlato” a Piazza Vittorio, il grido attivista del corteo è più forte di prima: solidarietà e mutualismo sono i principi che guidano il mondo verso la libertà.
I valori che ricerchiamo oggi non si discostano da quelli della penna esistenzialista di Simone de Beauvoir. Con il suo provocatorio Deuxième Sexe, pubblicato pochi anni dopo la considerevole data storica del 1946 (1944 per la Francia), la donna-simbolo del femminismo che più di tutti ha gridato il suo diniego nel diventare una donna di eccezione, una donna-alibi all’interno dell’immutato ordine patriarcale.
Il Secondo Sesso (1949) denuncia le discriminazioni di genere e sprona le donne a riprendere possesso del loro destino; non tanto in quanto donne, ma in quanto persone, al pari di tutti con pari diritti e dignità, verso quel valore che si costituisce nella dimensione economico-monetaria e nella dimensione umana, quella della rappresentazione e (auto)percezione dell’identità dell’altro. Solo con l’emancipazione e l’autodeterminazione si sposta l’ago sulla bilancia del valore: un mutamento di peso ancora oggi possibile e che può concretizzarsi attraverso la lotta e l’istituzione di nuove pratiche culturali.
Se vuoi essere sempre informato in tempo reale e sulle nostre notizie di gossip, televisione, musica, spettacolo, cronaca, casi, cronaca nera e tanto altro, seguici sulle nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter
Il messaggio dello sciopero è trasparente. La lotta continuerà: “Se ci fermiamo noi si ferma il mondo.”
PER RIMANERE INFORMATO SU TUTTE LE NOTIZIE DEL GIORNO GUARDA IL TG DI YESLIFE