Un recente studio, in netta controtendenza con ricerche precedenti, avrebbe dimostrato che il cambiamento climatico non comporterà l’espansione delle zone aride a livello globale.
Attraverso una recente ricerca pubblicata su Nature Climate Change dall’Università di Harvard sarebbe stata scardinata una salda convinzione relativa al cambiamento climatico. Secondo lo studio, diversamente da quanto sino ad oggi valutato, le zone aride a livello globale non si espanderanno.
All’interno dell’elaborato si legge che gli studi precedenti hanno sempre analizzato solo l’atmosfera, senza mai prendere in considerazione altre variabili.
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Uno studio alternativo, che espone un modo nuovo di rideterminare le zone aride globali. Una ricerca che prende in considerazione non soltanto l’atmosfera, ma anche la superficie terrestre come ad esempio quella che è la risposta delle specie vegetali all’aumento di anidride carbonica.
Secondo i modelli presentati, l’espansione delle terre aride non subirà significative espansioni a causa del riscaldamento globale nei prossimi 100 anni. Stando a quanto dichiarato dall’autore dello studio alla redazione di Carbon Brief, il lavoro svolta si concreta in una sorta di risposta a numerosi studi che sino ad oggi hanno valutato solo alcuni e parziali dati sul fenomeno.
Prima di procedere, però, è necessario specificare cosa siano le zone aride. Queste ultime vengono definite come quelle aree ove si registra un clima secco, con scarse disponibilità di acqua e pochissime forme di vita vegetali. Si parla soprattutto di deserti e praterie che attualmente ricoprono il 40% del Pianeta. Per la loro classificazione, spesso si utilizza il cosiddetto indice di aridità (IA).
Il dottor Alexis Berg, autore principale dello studio, ha affermato che è proprio tale indice ad condurre generalmente a ritenere che le zone aride si espanderanno. “La maggior parte delle persone, negli studi sulle future terre aride – ha riferito alla redazione di Carbon Brief- usa le condizioni atmosferiche della superficie come un’approssimazione per valutare i futuri cambiamenti dell’ecosistema. Poiché i modelli mostrano una tendenza dell’aria a divenire più calda e anche più secca su molte regioni terrestri, allora tali studi affermano che si registrerà un’espansione futura potenzialmente drammatica delle terre aride a causa del riscaldamento globale“. Il suo studio, invece, evidenzia come l’IA misurerebbe solo l’atmosfera e non coglierebbe aspetti collegati alla superficie terrestre.
Il risultato dello studio sarebbe stato condiviso anche da soggetti che non hanno preso parte alla ricerca. Il professor Diego Miralles , sempre a Carbon Brief ha spiegato: “Viviamo in un sistema climatico non stazionario, in cui non solo l’atmosfera ma anche i nostri ecosistemi stanno cambiando e si stanno adattando ai disturbi di origine antropica e naturale. Un motivo per cui l’IA incentrato sull’atmosfera è particolarmente carente nel catturare le tendenze dello stress dell’ecosistema“.
Per superare questo limite bisogna far ricorso ad un altro indice, quello ecoidrologico il quale rappresenta la quantità di vegetazione ed i livelli di stress idrico e che soprattutto cattura i legami tra il comportamento delle piante ed i livelli di CO2 atmosferica.
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Proprio sfruttando questi parametri, lo studio di Harvard ha concluso affermando che le tendenze non mostrerebbero una futura espansione delle zone aride.
M.S.
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