L’attore Gabriele Gallinari si racconta a YesLife presentando il suo ultimo lavoro e ci spiega che in questo periodo così particolare l’importate è lavorare
È uno dei protagonisti di “Il mio corpo vi seppellirà”, il film di Giovanni La Parola, un “western – pulp” al femminile tutto da vedere sulle piattaforme in streaming. Lui è Gabriele Gallinari, uno degli attori più promettenti della scena contemporanea italiana che in questa nuova proposta cinematografica interpreta un barone della seconda metà dell’Ottocento.
Una pellicola ambientato nel Regno delle due Sicilie, all’alba dello sbarco delle truppe garibaldine, in una terra ancora senza legge, nella quale quattro bandite, chiamate le Drude, sono alla ricerca della loro personale vendetta.
Gabriele Gallinari ha prestato il volto a diverse fiction tricolore ma ha anche recitato in due pellicole hollywoodiane di tutto rispetto affianco ad attori del calibro di Christopher Lambert, Jonny Depp e Angelina Jolie. Un ragazzo talentuoso ma rimasto sempre con la testa sulle spalle che è nato a teatro ma sente il set cinematografico come la sua seconda casa, ma in un momento delicato come questo per lui la cosa da mettere al primo posto è sempre il lavoro, qualsiasi esso sia.
Gabriele, a breve ti vedremo nei panni del barone Giustino Fortunato ne “Il mio corpo vi seppellirà”, anticipaci qualcosa
E’ stato il lavoro più divertente della mia vita! E anche il modo in cui l’ho ottenuto è stato fuori dal comune. Il ruolo era stato pensato per un attore famoso. Mi ero proposto alla Casting come spalla per i provini e in questo modo avevo rimediato un provino per un piccolo ruolo. Ma rivedendo i provini degli altri, il regista Giovanni La Parola, un “matto” visionario – che non finirò mai di ringraziare – ha voluto incontrarmi per il ruolo del Barone Giustino Fortunato e così è andata. Un baronastro di campagna, un simpatico mitomane, che non perde occasione di vantarsi delle proprie gesta eroiche, salvo poi darsela a gambe quando le cose si mettono male, un bel cialtrone insomma!
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Come ti sei preparato per questo ruolo?
E’ stato un bell’incontro quello col Barone Giustino Fortunato, un personaggio realmente esistito, al quale però il regista ha dato una nuova fisionomia. E’ stato come se avesse riattivato la mia fantasia. Un personaggio pieno di umanità, in cui ho rintracciato tanti aspetti a me familiari, alcune contraddizioni tutte siciliane, il suono del mio dialetto, il modo di camminare di un vecchio amico di mio padre, il vezzeggiativo con cui il portinaio della casa di Palermo dove sono nato e cresciuto, chiamava sua moglie urlando da un capo all’altro dell’androne del palazzo. C’è tanto della mia infanzia siciliana in questo mio Barone.
Hai lavorato molto per la tv in fiction di spicco come, tra le tante, “Don Matteo” e “Montalbano”, raccontaci qualche aneddoto su Terence Hill e Luca Zingaretti
Terence Hill è un fenomeno, non saprei cos’altro dire. Non perde un colpo, non vuole controfigure, è praticamente bionico. E, cosa affatto scontata, è amatissimo dai reparti. Ricordo che la mattina al trucco e parrucco, l’atmosfera era allegra e distesa e si lavorava ascoltando musica dal fantastico impianto stereo che lui aveva regalato al reparto. Un grande professionista, gentile e rispettoso del lavoro altrui. La gentilezza dei grandi mi colpisce sempre, penso ci voglia anche coraggio per esserlo. Alberto Sironi, regista di Montalbano recentemente scomparso, era un uomo gentile e simpatico; lavorare con lui è stato un onore
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Tra tutte quelle a cui hai preso parte quale ti è rimasta più nel cuore?
Tutte mi hanno dato qualcosa di buono; ho incontrato persone interessanti, ho visto posti bellissimi che non conoscevo, ho imparato qualcosa di nuovo, ma in particolare di una puntata di Don Matteo ho un bellissimo ricordo. Interpretavo Lorenzo, il responsabile di una cooperativa di recupero per disabili. In una delle scene tenevo una lezione con dei ragazzi sordi e per farlo dovevo studiare con loro la lingua dei segni prima delle riprese. Ero preoccupato, non potevo concedermi errori o sbavature. Mai avrei voluto mancare loro di rispetto o ferire la sensibilità loro o degli spettatori da casa che avessero la stessa disabilità. Un mio insegnante in Accademia ci diceva sempre che è fondamentale avere rispetto per le storie che raccontiamo e per i personaggi che portiamo in scena. E’ un procedimento rigoroso. Ecco non dimenticherò mai l’entusiasmo e la gioia con la quale questi ragazzi mi hanno accolto e in un tempo relativamente breve mi hanno messo nelle condizioni di far bene il mio lavoro con loro.
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Nella tua carriera anche progetti internazionali come “The Tourist” con Jonny Depp e Angelina Jolie e “Mendel, the gardener of God” con Christopher Lambert. Come è stato sbarcare ad Hollywood e recitare in inglese?
Panico, direi, e anche un certo desiderio di toccarli con mano per capire se stavo sognando o cosa! Sono stati i miei primi due provini per il Cinema a Roma, fresco fresco di diploma! Quello per ‘The tourist’ era addirittura un’improvvisazione in inglese. Il regista era Florian Enckel Von Donnersmark, premio Oscar 2007 come miglior film con Le vite degli altri. Non potevo crederci, piccolissimo ruolo, ma due scene con Jonny Depp ed Angelina Jolie. Un’esperienza incredibile, una produzione enorme che girava come un orologio svizzero. Non capivo nulla di quello che mi dicevano, avevo scambiato il direttore della fotografia per il regista, ma soprattutto durante un ciak all’Hotel Danieli di Venezia trovo una porta chiusa e non sapendo cosa fare mi nascondo in una nicchia del muro con Angelina e Jonny al seguito e ci ritroviamo pressati uno sull’altro come sardine…non sai le urla e gli insulti dell’aiuto regia e lo sguardo schifato di Angelina…non lo dimenticherò mai! A parte questo filò tutto liscio! In “Mendel” invece ho avuto modo di imparare che sul set, prima di parlare, è sempre bene ricordare che si è microfonati, se non si è pronti a condividere i propri pensieri con il resto del mondo… Oggi me la cavo meglio!
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Nel tuo lavoro anche molto teatro. Se dovessi scegliere tra tutti questi mondi della recitazione quale metteresti al primo posto?
Oggi al primo posto metto il LAVORO! Ovunque esso sia, mi sentirei già fortunato soltanto a poter lavorare. Detto questo, se mi avessi fatto questa domanda un anno fa, ti avrei risposto che fare cinema è il mio sogno. Ho una formazione teatrale e forse niente mi ha fatto sentire altrettanto vivo, attento, parte di qualcosa. Ma al cinema mi sento a casa. Credo di essere più portato per il gesto ‘piccolo’, per così dire, quello che la macchina da presa viene a scovare, per un lavoro di miniatura. Qui trovo una maggiore libertà.
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E per il futuro cosa ti aspetta?
Sto lavorando ad un corto, di cui vorrei fare la regia, ispirato ad un breve racconto di Julio Cortázar. Due personaggi, un’ambientazione fantastica, ma un dialogo con pochissimo testo che necessita quindi di un lavoro di scrittura. Per me è la prima volta. Sino ad ora, ho sempre fatto l’interprete, ho eseguito e nell’esecuzione ho messo del mio, ma non avevo mai sentito l’urgenza di raccontare qualcosa di mio. Questo però significa aspettare che le cose arrivino e oggi invece ho bisogno di avere una maggiore autonomia. Interprete sì, ma anche un pò autore, come d’altronde la maggior parte dei miei colleghi sta già facendo.