Ex calciatore e campione d’Italia con la Roma. Ha da poco compiuto 60 anni e ai nostri microfoni racconta la sua carriera e il proseguo dopo aver appeso gli scarpini al chiodo.
Sebastiano Nela, detto Sebino, è stato ospite ai nostri microfoni dove ha ripercorso insieme a noi tutta la sua vita professionale. Ci ha parlato dei suoi esordi come calciatore fino a parlarci del giorno del suo addio al calcio. Ci ha presentato il suo libro “Il vento in faccia“, che è stato pubblicato proprio in questi mesi e ci ha raccontato le esperienze che ha avuto dopo la sua professione di calciatore. Ha concluso con uno sguardo a questo campionato e con un pronostico sulla prossima gara tra le sue due ex squadre, svelandoci anche chi secondo lui vincerà lo scudetto quest’anno.
Qual è stato il momento più bello della sua carriera e quale invece la scelta che se tornasse indietro non rifarebbe?
“Per quanto riguarda l momento più bello della mia carriera sarebbe facile dire la vittoria dello scudetto ma ci sono state anche le vittorie della tre Coppe Italia. Forse l’emozione più grande che ho vissuto nella mia carriera è stata la chiamata in Nazionale perché comunque il sogno per tutti i calciatori è quello di arrivare al punto più alto che è appunto la convocazione in Nazionale. Per il resto non ho rimpianti, ho fatto ed è successo quello che dovevo fare e doveva succedere quindi non mi lamento di niente sono contento della mia della mia carriera. Potevo fare di più? Sono stato frenato dall’infortunio nel mio momento migliore? Forse, però non ho rimpianti particolari”.
Ha dedicato la maggior parte della sua carriera alla Roma, per lei cosa ha significato diventare in qualche modo in simbolo di una squadra che probabilmente non era quella della fede che aveva da bambino?
“Io nasco a Genova, ho fatto le giovanili nelle file del Genoa. Sicuramente la svolta è arrivata a Roma, ho saputo dopo l’ultima partita di essere stato ceduto alla Roma, sapevo che c’erano squadre che mi stavano dietro ma non mi ero messo in testa nulla, anche perché stavo vivendo un bellissimo momento avendo ottenuto con il Genoa la promozione dalla Serie B alla Serie A. Pensavo di giocare in Serie A con la maglia rossoblù invece dopo pochissimi giorni dalla promozione mi ha comprato la Roma e quindi mi sono trasferito nella Capitale, è stata una sorpresa è successo quasi tutto all’improvviso”.
E dopo anni è arrivato anche l’addio con la Roma. Com’è stato il giorno del suo addio alla Roma e come è stato poi il suo arrivo a Napoli?
“L’addio è stato traumatico, erano successe delle cose nello spogliatoio e non sono andato via perché è stata una decisione mia. Nel momento che non stavo bene poi è arrivata questa chiamata da Ottavio Bianchi che è stato mio allenatore alla Roma qualche anno prima e poi si trasferì a Napoli quindi mi chiamò e a novembre del 92 andai a Napoli. Me ne andai perché le cose a Roma non andavano bene, avevo problemi con qualche mio compagno di squadra e con l’allenatore, mi ero messo in testa di finire la mia carriera alla Roma e questo non è stato possibile. Naturalmente mi ha infastidito molto però poi una volta arrivato a Napoli sono rinato, ho trovato una città e un pubblico meravigliosi. Ecco, nella mia carriera sono stato fortunato di aver giocato in tre squadre che hanno una tifoseria con una passione smisurata per la loro squadra”.
Al termine della sua carriera da calciatore poi ha scelto di dedicarsi alla principalmente a quella di opinionista e commentatore tecnico come mai non hanno voluto intraprendere la carriera di allenatore?
“Tutto è nato per caso quando incontrai Darwin Pastorin che conoscevo dalla fine degli anni ‘70, lui all’epoca lavorava per Tuttosport poi diventò capo di Stream ie quando ci incontrammo per strada mi propose di fare una prova per una telecronaca, andò subito tutto molto bene e ho cominciato così la mia carriera di seconda voce per le per le telecronache. Ho lavorato a Stream, poi Sky, Mediaset e ho avuto esperienze con i mondiali alla Rai. Nel frattempo per fare meglio il mio lavoro ho deciso di andare a Coverciano e ho preso il patentino sia da allenatore che da direttore sportivo, il direttore sportivo l’ho fatto per due anni in Serie C. Non me la sono sentita di lasciare la televisione per dedicarmi al mestiere di allenatore però, è un lavoro molto difficile, conosco bene i calciatori avendolo fatto e ho preferito continuare con la carriera di talent in Tv, per 16 anni ho fatto telecronache. Stavo bene ed ero tranquillo, mi piaceva girare l’Europa e vedere posti sempre diversi”.
LEGGI ANCHE —> Intervista al campione del mondo ’82, Fulvio Collovati
LEGGI ANCHE —> Intervista a Mauro Vittiglio, il calciatore che sostituì Paolo Rossi
E’ stato anche responsabile della Roma femminile, una realtà che sta prendendo sempre più piede. Secondo lei cosa manca al movimento femminile per crescere ancora e personalmente cosa hai imparato da questa esperienza?
“Mancano i numeri, nei settori giovanili siamo indietro rispetto agli altri paesi europei di molti anni quindi le squadre si ritrovano costrette ad acquistare giocatrici straniere perché i nostri settori giovanili non offrono molto, finchè non raggiungeremo un numero di tesserate importanti e non si farà un grande lavoro con queste bambine da quando cominciano a quando crescono avremo difficoltà a misurarci con altre formazioni europee. E’ un mondo interessantissimo, per me è stata un’esperienza bellissima che mi è riuscita anche facile perché forte di avere due figlie grandi una di 28 e una di 26, sapevo approcciarmi al mondo femminile. Ho scoperto un mondo meraviglioso: queste ragazze sono preparatissime, non pensavo, è stata una grande sorpresa e quindi è stata una gran bella esperienza”.
Cambiamo a cambiare argomento negli anni della della sua Roma e in cui ha giocato ha avuto un capitano che sicuramente è stato un punto di riferimento per voi in campo ma com’era Agostino di Bartolomei fuori e cosa cosa ricorda di lui?
“Agostino è stato il capitano per eccellenza secondo me, se torniamo indietro di decenni il profilo del capitano era quello. E’ stato importantissimo per me, io sono arrivato a Roma a 20 anni a Roma e lui dispensava consigli a tutti noi ragazzi che venivano da città come la mia seppur diverse ma comunque molto distanti da Roma che era enorme e appena arrivati sembrava troppo grande e troppo complicata per noi. Ago è stato tutto quello che ho detto, un vero capitano, sapeva parlare con tutti: con la squadra, con gli arbitri, con i dirigenti, un capitano vecchio stile. Era un ragazzo molto introverso, abbiamo visto poi purtroppo cos’è successo, per me è stato determinante nella mia crescita e nello sviluppare il mio senso di appartenenza nei confronti di questa città di questa maglia”.
Lei ha scritto un libro “Il vento in faccia”, insieme a Giancarlo Dotto dove ha ripercorso la sua carriera ma ha anche parlato di un altro avversario che ha dovuto affrontare. Ce ne vuole parlare?
“Questo libro nasce un po’ di anni fa, conoscendo Giancarlo Dotto da molto tempo se ne era parlato, lui conoscendomi pensava che potesse venir fuori una bella cosa. Io da tempo gli dissi che non volevo fare il solito libro che scrivono i calciatori, quindi raccontare aneddoti, scherzi e roba da spogliatoio perché ero convinto e lo sono tuttora che la gente ti tifa per dieci, quindici anni senza mai sapere niente di cosa c’è dentro quella maglietta quindi non conoscendo l’uomo. Volevo fa capire alla gente che siamo ragazzi comuni, con le nostre debolezze e ci succedono le cose che accadono nella vita di tutti i giorni come a tutte le altre persone di questo mondo. Voleva essere un racconto differente di un ragazzo diventato uomo che ha avuto la fortuna di giocare a calcio ma non senza sofferenze. La gente è convinta che i calciatori, gli attori, i cantanti siano divinità alle quali non succede mai nulla: non è così, siamo esseri umani comuni a tutti gli altri e quello che succede alla gente comune succede anche a noi. Volevo far capire queste cose e spero di esserci riuscito”.
Invece per quanto riguarda la Serie A e il campionato attuale: a proposito delle sue ex squadre domenica si giocherà proprio Roma-Napoli, qual è un suo commento a riguardo della gara di domenica?
“Una partita interessante preceduta da qualche polemica visti gli ultimi fatti successi. In questo caso partirà penalizzata la Roma che dovrà giocarsi durante la settimana la partita in Ucraina con lo Shaktar Donetsk. Sarà una bella partita secondo me con due squadre che lottano disperatamente per un posto in Champions League. Sono due buonissime squadre e speriamo di assistere a una buona e bella partita”.
Se vuoi essere sempre informato in tempo reale e sulle nostre notizie di gossip, televisione, musica, spettacolo, cronaca, casi, cronaca nera e tanto altro, seguici sulle nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter.
Sempre in ambito Serie A, mancano 11 giornate al termine di un campionato che per la prima volta dopo 9 anni non vede la supremazia assoluta della Juventus. Un pronostico: secondo lei sarà l’Inter a vincere lo scudetto quest’anno o crede ancora che non sia detta l’ultima parola?
“Forse non è ancora chiuso, forse sì. L’Inter mi sembra, arrivati a questo punto, una squadra abbastanza solida e l’uscita dalla coppa ha rafforzato ancora di più questa voglia di vincere almeno il campionato. Dieci punti dalla Juventus non sono non sono pochi, e c’è da capire dove la Juventus potrebbe recuperare tutti questi punti visto che molti considerano la Juventus la principale antagonista dell’Inter anche se fino a poche settimane fa il Milan era ancora squadra che poteva lottare per lo scudetto. Un pronostico in questo momento non lo so, vedo favorita più l’Inter chiaramente vista anche la classifica”.
MELISSA LANDOLINA