L’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano, in una recente intervista ha parlato dei casi di omicidio che hanno avuto maggior risonanza a livello mediatico, svelandone alcuni retroscena.
Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma (Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche), è un volto noto agli italiani. La sua popolarità, non di certo deriva dai salotti televisivi in cui da qualche anno a questa parte è ospite richiestissimo. Garofano ha, infatti, alle spalle una carriera costellata di successi ed onorificenze guadagnate sul campo grazie all’encomiabile lavoro svolto.
Fu lui ad occuparsi di noti casi che ad oggi restano tra i più tristemente noti del nostro Paese. La strage di Erba, il caso di Donato Bilancia, il delitto di Novi Ligure nonché il caso Cogne ed il delitto di Garlasco. Proprio di queste indagini, ha parlato alla redazione de Il Giornale, svelando alcuni retroscena.
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L’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano, ha concesso a Il Giornale un’intervista esclusiva in cui ha parlato della sua carriera nonché di alcuni retroscena legati a casi di cui si occupò e che ancor oggi continuano a tener banco nell’opinione pubblica.
Luciano Garofano, oggi consulente privato, apre le sue dichiarazioni affermando che l’omicidio più complesso dinnanzi al quale si sia trovato è di certo l’omicidio di Chiara Poggi, mentre il caso più atipico di certo quello del serial killer Donato Bilancia.
In merito a quest’ultimo, l’ex comandante dei Ris ha riferito che all’epoca delle indagini, gli esami eseguiti dai criminal profiler fallì in quanto Bilancia non possedeva un univoco modus operandi. Le vittime erano diverse, i luoghi in cui colpiva erano dei più disparati, come anche le modalità con cui uccideva. A permetterne l’identificazione fu il rinvenimento di tracce biologiche e gli studi balistici sui proiettili. Un’attività che richiese 40 giorni all’Arma per poterlo stanare.
Quanto al delitto di Garlasco, il caso ritenuto a suo avviso più spinoso, Luciano Garofano ai microfoni de Il Giornale ha spiegato cosa lo rese così problematico. Per la morte della giovane Chiara Poggi, lo ricordiamo, è stato condannato l’allora fidanzato della vittima, Alberto Stasi. Proprio sulla richiesta di revisione del processo presentata da quest’ultimo, si è espressa ieri la Cassazione, rigettando la sua domanda.
Per Luciano Garofano, che l’assassino fosse Stasi era una circostanza sui cui si era avuta certezza già dopo pochi mesi dai fatti. A condurre gli inquirenti verso questa direzione, ha riferito l’ex comandante, l’assenza di tracce ematiche sulle scarpe e delle impronte lasciate da quest’ultime che indossava quando entrò nella villa teatro dell’orrore.
Eppure, sottolinea Garofano, sono dovuti passare 8 anni prima di arrivare ad una condanna. A suo avviso, questo sarebbe il più grande esempio di come in dibattimento molte cose non vengano comprese.
Non sono mancate considerazioni anche in merito all’omicidio ritenuto più “particolare“. Il generale dei Carabinieri in pensione afferma che, a poter incarnare tale definizione, potrebbe essere il caso di Maria Fronthaler, in quanto fu il primo in cui si parlò di screening genetico, prima ancora di Yara Gambirasio.
Dall’elenco non manca il delitto Cogne a causa di numerosi elementi. Non soltanto per l’aspetto psicologico, ma anche per le tracce che vennero raccolte all’interno della casa di Annamaria Fanzoni. Garofano ha spiegato come indagini condotte all’interno di un ambiente familiare siano sempre difficili, in quanto le tracce si confondono con quelle che sono le attività quotidiane di chi abita all’interno delle mura domestiche.
L’ex comandante ha poi parlato di come la tecnologia e la scienza abbiano implementato le attività di indagine e soprattutto amplificato le capacità dei militari di carpire anche il più piccolo indizio su una scena del crimine. Sono così cambiate anche le modalità di intervento e di certo le valutazioni sono divenute più precise.
In forza della sua esperienza, Garofano ha affermato che di certo l’invenzione più proficua sono state le luci forensi in grado di svelare ciò che l’occhio umano non riesce a vedere. Con il luminol, poi, è stato fatto un ulteriore passo avanti, ha spiegato, perché grazie ad esso è possibile scorgere tracce di sangue e Dna, nonché impronte invisibili ad occhio nudo.
Luciano Garofano, a Il Giornale, ha anche spiegato alcune nozioni di base dell’investigazione come ad esempio chi sono i soggetti che per primi intervengono su una scena del crimine.
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Il fotografo che immortala ogni cosa, un responsabile che coordina le attività da eseguire e poi un biologo, un esperto di impronte, uno di balistica se vi sono segni di arma da fuoco. Un gruppo che però, precisa, non supera mai le 4/5 unità.