Ai nostri microfoni Michele La Ginestra, grande attore di teatro e personaggio televisivo molto amato dal pubblico per la sua simpatia e professionalità.
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Michele La Ginestra, 30 anni di carriera teatrale alle spalle, fondatore e direttore artistico del Teatro 7 di Roma, interprete anche di fiction e conduttore di molti programmi televisivi da Solletico nel ’99 a Questa è vita che andrà in onda prossimamente su Tv 2000. Oggi si racconta ai nostri microfoni e ci parla di com’è nata la sua scritturazione in Rugantino, il suo più grande successo teatrale che ha definito ‘il sogno della sua vita’.
Diplomato al liceo classico e laureato in giurisprudenza: quanto è stata importante nella sua carriera questo tipo di formazione e in che momento si è reso conto che la sua strada invece sarebbe stata quella dell’arte e dello spettacolo?
Essermi laureato in giurisprudenza dopo il liceo classico è stato un modo per tacitare le esigenze dei miei genitori che mi volevano studente ma io la passione del teatro ce l’avevo sin da piccolo. Ho iniziato, lo dico sempre, come un ‘compagnuccio della parrocchietta’ che ha avuto la possibilità di calcare il palcoscenico dell’oratorio senza che nessuno lo giudicasse, così ho potuto sfogare la mia passione. Pian piano ho imparato a scrivere, a dirigere, a recitare: eravamo un gruppo di ragazzi che poi è diventato una compagnia. Poi si è trasformato in qualcosa di ancora più importante: ho fatto dei concorsi e li ho vinti fino a quando ho avuto la possibilità di fare un provino per condurre Solletico, la tv dei ragazzi su Rai Uno, così ho abbandonato tutta la carriera da avvocato che avevo avviato nel campo dell’assicurazione. Sicuramente è stato un vantaggio avere una laurea a disposizione perché ti permette di essere più sicuro di te stesso, soprattutto nel confronto con gli altri e di poter scegliere gli spettacoli senza doverli accettare obtorto collo, come direbbe un avvocato. Dunque, il privilegio di avere uno stipendio che venisse da altre attività mi ha dato la possibilità di scegliere e di costruire un teatro per conto mio, senza avere necessità economiche e potendo trasformare quello che era il salone parrocchiale nel Teatro 7, portando avanti così varie attività con più distacco.
Che ricordi ha dei suoi esordi e oggi a chi si sente di dire ‘grazie’?
L’esordio lo ricordo benissimo: è stata la prima volta che andò in scena uno spettacolo scritto da me, quando aprimmo quello spazio che si chiamava salone parrocchiale e che chiamammo Teatro 7, nel 1991. C’era la serenità di poter fare un’attività senza che nessuno ci giudicasse e per questo devo dire grazie innanzitutto a Padre Giuliano che all’epoca ci diede la possibilità di trasformare quel salone e di farlo diventare un teatro. Devo dire grazie per la mia carriera a persone come Pietro Garinei che mi permise di indossare i panni di Rugantino nel 2000, devo dire grazie a Gianfranco Scancarello che mi diede la possibilità di fare un provino e di condurre una trasmissione su Rai Uno come Solletico. Devo dire grazie a chi mi ha scelto poi successivamente per altri lavori, uno dei primi grazie va sicuramente a Pierfrancesco Pingitore che mi incoronò ‘Beatissimo tra le donne’ il primo anno nel 1992 e mi diede poi la possibilità di partecipare ad alcuni suoi film. Questi i grazie artistici. Ma il grazie principale va ai miei genitori, alla mia famiglia, a mia moglie che mi ha permesso di abbandonare tutto quello che avevo costruito nell’ambito giuridico per inseguire un sogno. Ecco forse il grazie più grande va a lei.
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Non solo attore ma anche conduttore: in cosa riesce ad esprimere meglio la sua personalità?
Nasco e cresco attore, soprattutto attore di teatro. Mi piace estremamente calcare il palcoscenico, soprattutto potendo portare delle mie riflessioni ossia potendo recitare spettacoli scritti da me, quello è il massimo della soddisfazione. Poi il fatto di essere uno che quando parla alle persone riesce a rimanere simpatico e riesce a sdrammatizzare anche le cose più difficili con un sorriso e che quindi sappia anche condurre abbastanza bene in televisione è un dono della natura. Sfrutto la televisione per poter arrivare nelle case delle persone però il mio gusto è stare su un palco e poter esprimere qualcosa di personale.
Spesso si crede che un attore comico non conosca la tristezza. Quando non è sotto ai riflettori quanto è presente la comicità nella sua vita e quanto l’ha aiutata ad affrontare i problemi che ha incontrato negli anni?
Sono una persona allegra e divertente che tende a sdrammatizzare, poi certo il percorso drammatico fa parte di chiunque però forse questa capacità di sdrammatizzare i temi più importanti sul palco mi appartiene anche nella vita. Cerco attraverso l’arte ma soprattutto attraverso un percorso personale di trovare una risposta a tutti i drammi che ci circondano, questa positività fa parte di me e deriva da un percorso di fede: io sono una persona che crede e il fatto di avere la consapevolezza di essere un figlio di un padre buono ad affrontare anche i momenti di difficoltà, mi aiuta. Credo in un Dio che ci ha chiamato figli e che ha donato suo figlio perché si sconfiggesse la morte: chi riesce a non aver paura della morte, riesce a essere sereno anche nella vita.
In oltre 25 anni di carriera ha vestito diversi ruoli sia in tv che a teatro ma uno dei suoi maggiori successi è arrivato con l’indimenticabile interpretazione di Rugantino, al fianco di Sabrina Ferilli. Quanto le ha dato quel personaggio e quanto è stata determinante nella sua carriera?
Questo è un personaggio che ho sognato di fare sin da piccolo: a 15 anni sono andato a vedere Rugantino al Sistina interpretato da Enrico Montesano, quando sono uscito fuori ho detto “Io da grande voglio fare Rugantino al Sistina” e ho detto a tutti che lo avrei fatto nel 1999. E’ stato motivo di presa in giro da parte dei miei amici per una vita. Nel ‘99 forse avrei potuto farlo perché avevo già condotto Solletico però quell’anno lo fece Valerio Mastandrea, poi Valerio ha deciso di abbandonare e allora ho organizzato uno spettacolo teatrale con uno degli attori che faceva parte del cast di Rugantino per farlo vedere a Pietro Garinei. Lui è venuto a vedermi e da lì è nato il percorso che mi ha portato sul palco del Sistina a interpretarlo e a coronare il sogno di una di una vita che non potrò mai dimenticare. Di ruoli teatrali importanti e belli ne ho fatti tanti, forse uno che mi è rimasto più impresso è quello di un centurione romano che era sotto la croce di Cristo e che si confrontava con un altro centurione che era interpretato da Massimo Wertmuller, lo spettacolo l’ho scritto io, Come Cristo comanda, ce l’ho nel cuore e mi piace moltissimo interpretarlo. Per quanto riguarda i ruoli in televisione, nelle fiction, uno di quelli al quale sono rimasto più affezionato è quando facevo l’ostetrico in Nati ieri, quello era un ruolo che mi piaceva e mi dava soddisfazione oltre a quelli più divertenti come Lanzetta in Nero Wolfe su Rai Uno. Ma sicuramente quelli teatrali mi danno più soddisfazione perché posso scegliere tra un panorama più vasto.
Purtroppo, lo spettacolo è uno dei settori maggiormente colpiti da questa pandemia. Secondo lei che è fondatore e direttore artistico del Teatro 7, quale potrebbe essere la chiave per far ripartire il mondo dell’arte?
Io penso che dovrebbe passare attraverso degli spettacoli all’aperto, quest’estate spero che ci affidino, come Teatro 7, uno spazio in una villa che sia vicino alla sede del teatro in modo che si possa far confluire tutto il pubblico e si possano riabituare le persone a tornare ad assistere a uno spettacolo dal vivo. Il teatro non può riaprire adesso ma spero dopo l’estate sì e spero che col vaccino si ritorni a una situazione di normalità. Il teatro è un elemento essenziale nella vita delle persone: la cultura, l’approfondimento, la riflessione, sono quegli elementi che ti danno uno stimolo ad affrontare la quotidianità con più serenità. E’ un elemento essenziale come il nutrirsi: nutrire l’anima, lo spirito, penso sia essenziale e se lo riuscissero a comprendere anche coloro che ci governano forse avremmo la possibilità di avere degli scivoli che ci permetterebbero di riaprire. Certo è che se noi dovessimo riaprire con un distanziamento fisico tale che ci sia solamente il 50% del pubblico a quel punto qualcuno si dovrà occupare delle difficoltà di dover lavorare con la metà delle persone e con la metà delle entrate. Bisognerebbe che si affrontasse il tema del sostegno ai teatri insieme a quelli che gestiscono i teatri, magari insieme agli addetti ai lavori, così si troverebbe una soluzione che possa essere interessante per tutti.
In molti hanno affermato che nel suo mondo è difficile trovare degli amici veri e non ci si può fidare facilmente. Cosa ne pensa riguardo queste affermazioni e crede di poter sfatare questo mito riconoscendo amicizie sincere in alcuni suoi colleghi?
Il mondo del teatro è un po’ diverso rispetto a quello, diciamo, del gossip televisivo. Io ho avuto la fortuna di aver partecipato con colleghi-attori a esperienze che ti rimarranno per tutta la vita e perciò si instaura un rapporto indimenticabile. Ho degli amici straordinari nel mondo dello spettacolo, sarà che io non ho questa competizione con chi mi sta accanto sul palco, anzi mi piace essere contornato da colleghi bravi che che mi diano uno stimolo a fare sempre meglio. Ho un’amicizia storica un Edy Angelillo, una persona con cui ho fatto non so quanti spettacoli di Radice di due andato in scena per anni; con Massimo Wertmuller con cui abbiamo condiviso il palcoscenico in Come Cristo comanda; con Sergio Zecca con il quale sono cresciuto insieme e abbiamo diviso il palcoscenico in Rugantino; con Augusto Fornari; con Arianna Ciampoli con cui conduco questa trasmissione che adesso andrà in onda su Tv 2000 intitolata Questa è vita che è un’amica storica, con lei ho condotto Solletico e ancora oggi sono contento di lavorare insieme. Quando ci dividiamo il copione per me non esiste “questo l’ha detto lei, allora adesso questo lo devo dire io” può pure avere più spazio, non mi interessa proprio! C’è una stima reciproca tale che è un piacere lavorare insieme. Insomma, ho delle belle amicizie e che vanto. Poi certo c’è quello che ti vuole pestare i piedi, quell’altro che ha un problema se tu sei il primo nome sul cartellone oppure se hai il primo camerino però sono problematiche che quando parliamo di arte lasciano il tempo che trovano e sinceramente non vale la pena di cementare un’amicizia con chi si fa questi problemi. Per me condividere uno spettacolo vuol dire condividere un percorso di vita e penso che se non riesci a entrare in simbiosi non potrai mai dare il meglio su un palco. Dunque sì, credo che ci possono essere delle sincere amicizie.
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Qual è uno dei suoi prossimi progetti e quale un suo sogno nel cassetto?
Stiamo registrando queste puntate di Questa è vita sul Tv 2000 che è una bellissima trasmissione che dona speranza perché raccontiamo storie di eroi che in realtà sono persone normalissime ma che fanno gesta da eroi e vale la pena raccontarle. Lo facciamo in questo show attraverso gli ospiti e i personaggi famosi che fanno da padrini a queste storie e ci regalano un po’ della propria arte. E’ un programma che va in onda in prima serata ed è una gioia poter fare una televisione non urlata, pacata, dove c’è tempo di intervistare qualcuno. Devo ringraziare Tv 2000, Arianna Ciampoli con cui conduco, Alessandro Sortino che ha ideato la trasmissione e Alessandra Ferrara che l’ha scritta. I sogni nel cassetto ancora da realizzare? Mi piacerebbe riportare in scena Rugantino (rinviato causa Covid ndr), mi piace l’idea di rimettermi in gioco dopo vent’anni con un personaggio che mi ha visto protagonista e mettere oggi a disposizione di questo personaggio l’esperienza di uno che ha vent’anni di mestiere alle spalle. Vediamo quello che succede…
MELISSA LANDOLINA