Serena Altavilla. Il 9 Aprile aprile esce il primo progetto discografico della giovane cantautrice dal titolo “Morsa”, disponibile sia in CD che su tutte le piattaforme di streaming. Anche Yes Life era partecipe alla conferenza stampa di presentazione
Nata a Orvieto, cresciuta a Prato e con origini piantate in Puglia dove torna sempre a riscoprire le sue radici. Serena Altavilla ha presentato in conferenza stampa il suo album d’ esordio, Morsa, in uscita il prossimo 9 Aprile: un progetto discografico full lenght che la vede per la prima volta come solista.
Anche Yes Life era partecipe alla conferenza stampa di presentazione dell’opera, un percorso dove s’intrecciano sogno e realtà attraverso 10 brani inediti. Tante le collaborazioni di prestigio che hanno supportato e prestato il loro talento a questa artista dall’ intensa sensibilità: Adele Altro (Any Other), Francesca Baccolini (Hobocombo), Alessandro Cau (Geoff Barrow, Miles Cooper Seaton), Luca Cavina (Calibro 35, Zeus!), Enrico Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey, Mariposa), Matteo Lenzi (Filarmonica Municipale LaCrisi), Jacopo Lietti (Fine Before You Came), Fabio Rondanini (Afterhours, Calibro 35, I Hate My Village) e Valeria Sturba (OoopopoiooO).
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Quali sono le tue emozioni riguardo l’esordio di Morsa?
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Mi sento felice e pronta allo stesso tempo. E’ un lavoro che è stato lungo e finalmente prende vita.
Morsa è una parola che si è palesata subito nella mia testa. Ha un significato polivalente. Descrive nel mio caso quasi uno stato d’animo in cui mi sentivo, la sensazione di una stretta, di una morsa appunto, che mi costringeva, senza riuscire a muovermi. La sensazione anche di essere morsa dalla taranta, di scappare da una lotta interna a cui solo la musica può porvi rimedio.
Prato è una realtà unica. Ha un’ immensa zona industriale ma difatti è l’agglomerato di tanti piccoli paesi che sono diventati poi dei quartieri. E’ una città multietnica, piccola ma ricca. Può essere molto ispirante da questo punto di vista.
No, sono brani di circa due anni fa. Sono il frutto dell’esperienza di quel periodo. Di solito raccolgo tutto in una cartella, al momento giusto la apro e affronto quello che ero, quello che ho fatto e il mio sviluppo. Quei brani mi hanno aiutata a conoscermi ancora di più. Sono una persona diversa rispetto a quando li ho scritti ma sono comunque una parte di me.
E’ stato un passaggio spontaneo. Mi sono ritrovata ad avere voglia di essere “freelance” e potermi sbizzarrire. Non sono proprio da sola perché al disco hanno collaborato tanti musicisti incredibili. Volevo slegarmi da vecchie abitudini, mettermi forse alla prova e in difficoltà da sola e sperimentare sensazioni nuove.
Da un grande esercito di voci e musicisti importanti. A casa mia risuonavano sempre i Beatles. Ma anche la potenza di Mina è un suono che mi riporta all’ infanzia. Sono davvero tanti. Potrei dire Edith Piaf, Diamanda Galas, Kim Gordon…
Si. La musica è fratellanza e avvicina gli essere umani di qualunque genere in maniera profonda. Detto questo, essere una donna è difficile perché spesso viene considerato meramente solo il tuo aspetto esteriore. Ti giudicano per come appari, magari ti scrutano e ti guardano il c*lo. Mi è capitato di sentirmi dire frasi spiacevoli, come chiedere “hai le mestruazioni” in determinati momenti. A volte pensi di non essere presa sul serio.
Le noto le cantautrici e ci sono, eccome! Sono molte e sono brave. No, non vedo estrema differenza in questo senso. Però forse nella discografia ci sono più cantautori, numericamente intendo. In questo momento c’è Madame che è clamorosa, ha uno stile femminile universale. L’ideale sarebbe proprio liberarsi da queste differenze.
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Si, stiamo sperando con l’etichetta e con le agenzie di booking di poter dar vita a un tour. Nonostante il periodo, ci sono degli spiragli di speranza. La normalità, il concerto in modalità classica manca, forse è ancora presto per parlarne. Il mio live me lo sto già immaginando in maniera deframmentata e sognante, qualcosa che non preveda necessariamente una folla davanti che balli e abbia contatti. Certo, mi piacerebbe. Quello che è certo è che, in un modo e nell’altro, bisogna ricominciare. Tutti, pubblico e musicisti, ne hanno bisogno, manca a tutti.
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