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Sport

Rugby in lutto: è morto Massimo Cuttitta, stroncato dal Covid a 54 anni

Il Covid si è portato via Massimo Cuttitta, gloria del rugby azzurro. L’atleta e allenatore vantava 70 presenze in nazionale e ai mondiali del 1991 e 1995

Soltanto il Covid è riuscito a placcarlo: il mondo del rugby dà l’addio a Massimo Cuttitta detto “Maus”, giocatore e allenatore fra i più noti e apprezzati di sempre. Il coronavirus se l’è portato via ad appena 54 anni. Sia lui che la madre lottavano da alcune settimane contro la malattia, ma negli ultimi giorni le sue condizioni sono precipitate e stanotte è venuto a mancare.

La storia di Massimo Cuttitta è la storia della Nazionale italiana, di cui è stato pilone tra il 1990 e il 2000. È anche grazie a lui se la squadra azzurra in quegli anni si conquistò un posto al prestigioso torneo delle Sei Nazioni. Un percorso sportivo di successi e riconoscimenti internazionali, stroncato dalla pandemia.

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Nato nel 1966 a Latina, Massimo col gemello Marcello e il fratello Michael, scoprì il rugby in Sudafrica, dove la famiglia si trasferì negli anni ’80. Tornati in Italia, i gemelli fecero la fortuna del rugby nostrano: il primo giocando da pilone, con 69 caps tra il 1990 e il 2000, il secondo, giocando all’ala, con 54 caps e il primato tutt’ora imbattuto di 24 mete in azzurro tra il 1987 e il 1999.

Sempre col gemello, Massimo partecipò ai Mondiali nel 1991 e nel 1995. Tre anni più tardi andò a giocare a Londra negli Harlequins, poi di nuovo in Italia, a Brescia nel Calvisano. A Milano vinse 4 scudetti e la Coppa Italia. Negli anni Duemila fu allenatore e giocatore in giro per il Belpaese, fra Bologna, Roma, Alghero, e Brescia. Il ritiro dalle competizioni come atleta, deciso nel 2006, non ne limitò il successo internazionale e fece parte dello staff tecnico delle nazionali di Scozia, Canada, Romania e Portogallo.

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Il mondo del rugby lo ricorda con le parole di un altro giocatore che ha fatto la storia della Nazionale italiana: Andrea Lo Cicero. “Lui mi vedeva come suo erede – racconta – aveva visto in me la testardaggine e la determinazione necessarie. È stata un’ottima guida, una persona squisita, tanto duro in campo quanto amorevole fuori, nel pieno stile dei rugbisti di una volta”

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