Il giudice Paolo Adinolfi scomparve il 2 luglio del 1994: secondo alcuni conosceva numerosi ed importanti segreti legati alle sfere del potere e della criminalità.
#MdT (1/5) 1994 – Il magistrato Paolo Adinolfi ha lavorato alla Sezione fallimentare del tribunale di Roma. pic.twitter.com/rIVacuxXEj
— Johannes Bückler (@JohannesBuckler) August 26, 2015
Paolo Adinolfi scomparve il 2 luglio 1994 durante una rovente giornata dell’estate romana. Salutò sua moglie, le disse che si sarebbero rivisti per pranzo, ma così non fu. Magistrato della Sezione Fallimentare del Tribunale Capitolino e poi Giudice della Corte d’Appello, Adinolfi era il custode di numerose vicende finanziarie molto importanti.
Così importanti da coinvolgere sfere del potere e della criminalità le quali potrebbero aver avuto interesse a che il giudice tacesse per sempre. Ad oggi di Adinolfi non si sa nulla: è vivo o è stato ucciso? Il suo rimane un caso irrisolto.
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Paolo Adinolfi, il magistrato custode di importanti segreti sparito nel nulla il 2 luglio del 1994
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Paolo Adinolfi era un giudice, un magistrato della sezione Fallimentare del Tribunale Civile di Roma prima e della Corte d’Appello poi, che in virtù del suo ruolo e degli anni di servizio era a conoscenza di numerosi vicende finanziarie di potenti e criminali.
Il 2 luglio 1994, l’ultimo giorno in cui la sua famiglia lo vide, Adinolfi salutò la moglie dicendole che si sarebbero rivisti per pranzo. Ma il destino del magistrato era un altro ed i suoi cari ancora oggi di lui non hanno più notizie.
A seguito della sua scomparsa vennero attivate delle indagini, emersero molteplici piste tra cui anche quella che potesse essere coinvolta la temibile Banda della Magliana. Tutte ipotesi, binari morti.
Intorno alla metà di giugno Adinolfi era divenuto magistrato della Corte d’Appello, lasciando quindi la Fallimentare. Una sezione che non era soltanto stata la sua casa professionale, ma anche un luogo decisamente oscuro, fatto di giudizi delicati attorno a cui ruotavano molteplici interessi.
I suoi familiari dicono di lui che era un padre amorevole, un marito devoto, un figlio esemplare. Non aveva problemi Paolo Adinolfi, pertanto sin da subito esclusero l’allontanamento volontario. In quegli anni in cui nei Tribunali scottava l’inchiesta Mani Pulite, il giudice scomparso svolgeva con probità il proprio lavoro. Il 2 luglio si recò presso la sede di Viale Giulio Cesare allo sportello bancario interno del Palazzo di Giustizia per effettuare un trasferimento di Conto Corrente. Successivamente pagò delle bollette per conto della madre in ufficio postale e si recò presso la biblioteca del tribunale. Lì il bibliotecario lo vide in compagnia di un ragazzo sulla trentina. Una figura a cui non verrà mai associata un’identità.
Intorno alle 11 si diresse verso la sua nuova sede di lavoro, la Corte d’Appello di Piazzale Clodio, più precisamente in cancelleria dove incrocia un collega. Sbrigate le sue incombenze, sarebbe risalito sulla sua auto fino a raggiungere il Villaggio Olimpico. Sarà lì che parcheggerà la sua BMW per poi non risalirci mai più. Anche lì entrò all’interno di un ufficio postale dove eseguì un vaglia in favore della moglie.
Da quel momento in poi, il vuoto. Non vedendolo rincasare la moglie contattò le autorità, ma la notizia viene divulgata dalla stampa solo il giorno dopo. Eppure, qualcosa di strano accadde. Un avvocato, ancor prima di apprendere dal Tg che il magistrato era scomparso, contattò la polizia per riferire di aver visto il giudice su un autobus. Rintracciato da alcuni giornalisti dell’epoca, il legale decise di non rilasciar più alcuna dichiarazione.
Dopo un giorno e mezzo dalla scomparsa, un singolare ritrovamento. All’interno della buca delle lettere della madre di Adinolfi, vennero ritrovate le chiavi di casa e della macchina di quest’ultimo. Nessuno, però, disse di averlo visto nel palazzo. Un insieme di elementi che fecero presagire che qualcosa di anomalo fosse accaduto.
Su quanto possa essere successo al giudice, ancor oggi non si sa praticamente nulla. Solo supposizioni, le quali per la maggiore vertono su una possibile morte violenta dettata da poteri forti. Adinolfi aveva seguito il crac della Fiscom, una società intorno alla quale pare gravitassero esponenti dei Servizi Segreti e uomini della criminalità.
Non solo, delicato nelle indagini era stato anche il caso Ambra assicurazioni. Prima di sparire, proprio in merito al suo fallimento, Adinolfi contatto il pubblico ministero di Milano Carlo Nocerino, riferendogli che avrebbe voluto raccontargli alcuni dettagli utili alle indagini.
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La scomparsa del magistrato Paolo Adinolfi a causa del suo lavoro? Una sua sentenza revocata mentre era in ferie lo portò ad abbandonare la Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma.#chilhavisto pic.twitter.com/YlTmCK42t9
— Chi l'ha visto? (@chilhavistorai3) July 1, 2020
Il fascicolo sulla scomparsa del giudice è stato archiviato, ma non per questo la famiglia ha smesso di lottare per scoprire la verità su quanto gli sia accaduto. Un altro servitore dello Stato di cui, probabilmente, per la sua probità, diligenza ed abnegazione potrebbe non sapersi mai più nulla.