In un paesino in provincia di Foggia tre amiche si incontrano per studiare. Una delle tre, Nadia Roccia, sarà brutalmente assassinata
Castelluccio dei Sauri. 14 marzo 1998. E’ un pomeriggio come tanti quando tre amiche si ritrovano nel garage di una delle tre, allestito come studio, per lavorare insieme alla tesina che servirà loro per la prossima maturità. Sono le 17 quando si incontrano. Meno di due ore dopo si scatenerà l’inferno.
Mentre Anna Maria spegne la luce, Mariena attacca Nadia stringendole una sciarpa intorno al collo. Nadia si divincola e riesce anche a fuggire. Interviene Anna Maria che la raggiunge tramortendola con calci e pugni e finendola, insieme a Mariena, con la morsa della sciarpa attorno al collo.
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Il corpo a terra, una corda disposta lungo il fianco: così trovano Nadia i famigliari accorsi al garage e chiamati da Anna Maria e Mariena. Le due racconteranno di essersi allontanate un momento per comprare delle patatine quando, al loro ritorno, si sarebbero allarmate perché Nadia non avrebbe loro aperto la porta.
Le indagini sul luogo rinvengono perfino una lettera che non lascerebbe dubbi all’ipotesi del suicidio. La lettera, scritta con una macchina da scrivere e firmata dalla stessa Nadia, contiene tra l’altro una dichiarazione sul sentimento amoroso provato nei confronti di Anna Maria e non corrisposto e la volontà di lasciare i propri risparmi alle due “amiche” perché possano coronare il loro sogno di partire per gli Stati Uniti. La vittima, inoltre, quasi a giustificarsi, spiega di non aver voluto scrivere di proprio pugno la lettera a causa della sua illeggibile grafia.
Non occorre molto tempo, però, perché gli inquirenti si accorgano di alcune incongruenze. Primo fra tutti, l’assenza nel garage di un aggancio per la corda ritrovata accanto alla vittima; quindi, il tono della lettera giudicato troppo frivolo per essere stato scritto da chi sta per suicidarsi. Infine, l’autopsia conferma che Nadia è morta per strangolamento.
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Dopo un estenuante interrogatorio, le due confessano lucidamente il delitto raccontandone, compiaciute, i dettagli. Il movente resta ancora un mistero: dall’ipotesi del rituale satanico, alla storia del sogno che Anna Maria avrebbe fatto in cui il padre di Mariena, morto anni prima, avrebbe ordinato di uccidere, fino alla motivazione per cui Nadia era un ostacolo alla relazione omosessuale tra Anna Maria e Mariena. Il quadro appare quanto mai paradossale. In appello, dopo una perizia psichiatrica che ne mette in luce i problemi mentali, le due saranno condannate a 25 anni e poi a 21 con il patteggiamento. Eppure, Anna Maria Botticelli uscirà dopo pochi mesi, a causa della sua malattia, e Mariena Sica dopo 10 anni.