L’annuale raduno ebraico ha coinvolto oltre 100mila persone. Dinamiche del disastro ancora da accertare.
Il più grande raduno ebraico in Israele da inizio pandemia si è concluso nel peggiore dei modi. L’incubo è avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì (20 e 21 aprile); precisamente sul Monte Méron, nella regione storica della Galilea. Il punto più alto a nord di Israele ha coinvolto oltre 100mila persone in occasione della celebre festività religiosa. La ricorrenza si è presto tramutata in quella il premier Benjamin Netanyahu ha etichettato come una “grande catastrofe“. Il bilancio delle vittime è drammatico: almeno 45 morti, anche bambini; mentre sale a 150 il numero dei feriti.
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Benjamin Netanyahu: giornata di lutto nazionale
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Nella notte tra giovedì e venerdì decine di migliaia di ebrei ortodossi si erano riversati sulla tomba del saggio rabbino Shimon Bar Yochai del II secolo per le commemorazioni annuali di Lag-Ba-omer. L’evento – che avrebbe dovuto simboleggiare il ritorno alla normalità post coronavirus tra preghiere, canti mistici e danze – sarà purtroppo ricordato nella memoria collettiva come uno dei più tragici disastri civili in tempi di pace nella storia d’Israele. Attualmente sconosciute le dinamiche della tragedia.
Tuttavia, secondo quanto riporta The Time of Israel, all’origine dell’incidente vi è l’improvvisa precipitazione di una gradinata di metallo stretta e scivolosa; mentre secondo altri testimoni la tragedia è stata conseguente alla negligenza delle forze dell’ordine, i cui membri avrebbero transennato un’uscita. Stando a quanto riferisce il media locale e alcuni video pubblicati sui social, centinaia di persone si sono ammassate in una tribuna, la cui caduta ha provocato un brusco effetto domino: centinaia di persone finite ammassate e affastellate tra loro.
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Il primo ministro israeliano ha annunciato l’avvio di un’inchiesta: è stata indetta una giornata di lutto nazionale.
Fonte The Times of Israel