Dure le parole nell’intervento della presidente della Comunità Ebraica di risposta alle affermazioni in diretta tv di Pio e Amedeo.
Giungono perentorie e lapidarie le parole di Ruth Dureghello in un esaustivo e lungo post su Twitter condiviso circa 10 ore fa sul suo profilo. E riproposto successivamente dalla pagina ufficiale della comunità di riferimento. La presidente della Comunità Ebraica di Roma si è scagliata con forza, attraverso lo stesso utilizzo della a più riprese messa in discussione della “vera” libertà d’espressione, nella serata di ieri.
Il suo discorso, al culmine dello Shabbat, mira a ledere i capi saldi dell’intervento messo appunto dal duo comico Pio e Amedeo in prima serata con “Felicissima Sera“. Andato in onda su Mediaset lo scorso venerdì, 30 aprile.
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“Si può scherzare su tutto?“, è questo il preludio della dichiarazione nero su bianco di Ruth Dureghello. Nel suo intervento la presidente analizza accuratamente le parole, gli slur ed i significati dati ad essi in maniera “superficiale” dai conduttori nativi di Foggia. Per giungere ad una sola conclusione, non si tratta di ironia. Perché si può scherzare su tutto. Ma “lo hanno fatto comici veri“, consapevoli della forza che la parola ha avuto sulla storia.
Si ripercorrono le basi della tradizione ebraica, dell’importanza che ha la parola, e del potere che potrebbe avere se usata in maniera erronea. “Non è vero che il problema sia l’intenzione che si mette“. L’atteggiamento di Pio e Amedeo potrebbe dunque sembrare “rivoluzionario solo agli ignoranti che non conoscono le cose“. Pur riconoscendo in loro non un’intenzione di violenza, ma il risultato resterebbe lo stesso. E che la loro colpa risieda nella loro “eccessiva superficialità“, che adesso però non dovrebbe essere più giustificabile. Perché: “non basta ridere in faccia a chi ti insulta“.
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Dunque, la risposta della Dureghello è sì, si può scherzare. Ma non è questo il modo. “Non basta perché“, specie in questo caso, “le parole sono il preludio della violenza“. La dichiarazione sui social si concluderà poi con tale latente premessa: “Occupiamoci di cose serie, difendendo la libertà d’espressione vera e non il diritto a insultare l’altro che è cosa diversa“.
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