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Esteri

Disastri aerei, Volo Partnair 394: 55 vittime, 0 sopravvissuti

La tragedia ad alta quota risale all’8 settembre 1989, quando il Convair CV-580 è precipitato al largo delle coste della Danimarca.

Aereo (Getty Images)

Un disastro ricordato nell’archivio storico delle rotte aeree riporta il nome di Partnair 394. A differenza degli altri velivoli di linea, il volo della compagnia aerea norvegese era un servizio charter indipendente da programmazioni orarie. Il giorno della tragedia, la struttura dell’apparecchio ha ceduto a causa di inadeguata attività di manutenzione. Un errore che si rivelò fatale per tutti gli occupanti a bordo. Quell’8 settembre del lontano 1989, il velivolo trasportava in totale 55 persone, di cui 50 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio. Il volo è ricordato come il più grave incidente occorso al paese danese.

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Le dinamiche dell’incidente: 55 vittime, 0 superstiti

Aereo (Getty Images)

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Il fatale errore che si verificò a bordo risiede nell’adeguata riparazione della struttura. In particolare, la causa dell’incidente fu il ricambio non originale di un materiale durante le attività di manutenzione effettuate una settimana prima del decollo. Il velivolo in questione era un Convair CV-580. Costruito nel 1953, l’apparecchio subì le prime modifiche già a partire dagli anni sessanta, con la sostituzione dei motori a pistoni con quelli a turboelica per garantire maggiore potenza.

Il volo dell’8 settembre 1989 avrebbe collegato l’Aeroporto di Oslo-Fornebu, Norvegia, con la stazione di Amburgo-Fuhlsbütte, in Germania, e i passeggeri a bordo erano tutti membri della compagnia di navigazione Wilhelmsen Lines; riuniti in viaggio per l’inaugurazione di una nuova imbarcazione. Nel cockpit, ai comandi del velivolo vi era l’aviatore Knut Tveiten, con la supervisione del Primo Ufficiale Finn Petter Berg. Un problema fu immediatamente individuato prima del decollo da un meccanico. Il responsabile dell’ispezione ha riferito alla cabina di pilotaggio che uno dei due generatori di corrente principali non funzionava e non c’era modo per ripararlo.

I due piloti decisero di volare nonostante la normativa locale vietasse le partenze ai velivoli con un solo generatore di corrente funzionante. L’alternativa nel cockpit fu quella di lasciare acceso durante il volo l’Auxiliary Power Unit (APU); l’opzione avrebbe consentito l’energia necessaria per l’intera tratta aerea. Sfortunatamente uno dei tre supporti APU era in realtà rotto. Il conseguente disastro si verificò in prossimità della costa danese, a circa 18 km dal centro danese e a 22.000 piedi sopra il Mare del Nord.

Il giorno della tragedia, la coda dell’apparecchio cominciò a vibrare a causa di 3 bulloni contraffatti e del malfunzionamento del montante di sostegno dell’APU rotto. In seguito, il pericoloso fenomeno della risonanza: la sincronizzazione delle frequenze tra le vibrazioni dell’IPU e la coda dell’aereo. Poi, l’incubo: prima il timone si spostò progressivamente sempre più a sinistra. A seguire, i pannelli essenziali al contrappeso al timone si distaccarono. L’aereo imbardò e la sezione della coda si staccò. Il resto della struttura si disintegrò durante lo schianto in mare.

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Aeroporto (Getty Images)

Secondo le ricostruzioni delle indagini, il cedimento della struttura durante il volo fu provocato dall’utilizzo dell’APU con un supporto non funzionante, insieme alle vibrazioni con bulloni non idonei, con conseguente oscillazione aerolastica.

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