Luciano Cobianchi aveva solo 12 anni quando scomparve nel lontano 11 luglio del 1956: il suo caso è avvolto da ombre e caratterizzato dal mistero.
Luciano Cobianchi era un seminarista di Fiesso Umbertiano. Il 10 luglio del 1956, insieme ad alcuni compagni, partì per una breve gita lasciando Casier di Treviso e recandosi a Domegge (Belluno). Insieme al suo gruppo, fu ospite di un tale Don Francesco Barnabò. Il giorno seguente al loro arrivo, nell’attesa del pranzo, i ragazzi andarono a visitare la chiesa del paese. La loro guida, padre Zaccaria – nonché loro superiore in seminario- lì portò oltre il fiume. Percorsi pochi metri, però, gli “escursionisti” vennero richiamati perché il pasto era pronto. Tutti fecero ritorno al rifugio tranne una persona: Luciano. L’11 luglio, quindi, ne viene dichiarata la scomparsa. Il suo caso, nonostante il passare degli anni è sempre rimasto sotto i riflettori soprattutto quando a trattarne fu la redazione di Chi l’ha visto? a cui arrivò in diretta una notizia sconvolgente.
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Luciano Cobianchi, il seminarista di 12 anni scomparso da Domegge l’11 luglio 1956
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“Vado a conquistare l’ultima vetta e poi torno” furono queste, a dire di chi si trovava con lui, le ultime parole pronunciate da Luciano Cobianchi prima di svanire nel nulla l’11 luglio 1956. La storia di questo giovane seminarista di soli 12 anni, ancor oggi resta un mistero. Una vicenda intricata fatta di ombre ed ipotesi agghiaccianti che il tempo, però, non è riuscito a dissipare.
Immediatamente dopo la scomparsa tutti i seminaristi iniziarono a cercarlo e ben presto venne lanciato l’allarme alle autorità. Coinvolti numerosi volontari ed abitanti del posto, i quali cercano di prestare il proprio apporto al fine di ritrovarlo. Alpini, sommozzatori, Carabinieri, ogni singolo agente era impegnato nelle ricerche. Nei giorni seguenti numerosi furono i presunti avvistamenti. C’era chi diceva di averlo visto a Domegge, chi era sicuro che il ragazzo fosse salito a bordo di un treno. Solo ipotesi e teorie.
La storia di Luciano, peraltro, si intreccia con quella di un altro uomo di chiesa, quella di don Mario Bisaglia. Il cadavere di quest’ultimo fu rinvenuto il 17 agosto del 1992 nel lago di Domegge. Al momento della scomparsa del 12enne, don Mario era il parroco del Comune ove viveva il bambino. Inoltre, fu proprio lui ad invogliare il ragazzo ad intraprendere la carriera sacerdotale. Sul rapporto che intercorreva con il parroco e la vicinanza ai familiari di Luciano, si espresse la sorella del bambino nel 1993. La donna al programma oggi condotto da Federica Sciarelli, disse che Don Mario rassicurò tutti sul fatto che Luciano prima o poi sarebbe tornato a casa. Sulla morte del parroco gli inquirenti pensarono si fosse trattato di un omicidio, ma senza colpevole o anche in questo caso certezze.
Il caso del giovane seminarista, oggetto di numerose trattazioni da parte del programma in onda su Raitre, subì una sferzata proprio nel corso di una messa in onda. A chiamare la redazione fu il nipote di Luciano, il quale riferì di un particolare sconvolgente. L’uomo disse che era in possesso di diverse lettere nelle quali alcuni preti rassicuravano la famiglia e spiegavano cosa fosse accaduto. Alcune missive, peraltro, pare fossero firmate dallo stesso Luciano ed erano indirizzate a sua madre. Una di queste, a dire sempre dell’uomo, riportavano date successive alla sua sparizione.
È così che il mistero continuò ad infittirsi. Ma cosa c’era scritto in quelle lettere? In una firmata da un tale Alberto si leggeva che il ragazzo per circa tre anni avrebbe vagabondato tra Padova e Treviso. Successivamente avrebbe trovato un lavoro ed avrebbe messo su famiglia. Avrebbe altresì cambiato nome per non essere trovato. Una circostanza, questa, che farebbe pensare ad un allontanamento volontario. Ma per quale ragione? Anche qui si procede nel campo delle ipotesi, la più agghiacciante è che Luciano stesse scappando da abusi e molestie patite in seminario. Nessun episodio di tal genere è stato mai certificato, ma la possibilità che possa essere accaduto è stata avanzata.
Sempre nello scritto di questo ignoto Alberto, si legge che i due erano stati compagni e che entrambi sarebbero stati vittime di alcuni superiori.
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Tale circostanza ha creato una spaccatura all’interno della famiglia Cobianchi. Il nipote di Luciano, che porta il suo stesso nome, disse che altro non si trattava che di una ulteriore conferma di quanto aveva sempre sospettato. Per lui lo zio è vivo, e quell’11 luglio sarebbe sfuggito. Dichiarò di non sapere con certezza se davvero potesse essere stato vittima di abusi, ma è una possibilità che non si sentì di escludere. Luciano riferì, inoltre, che prima di partire per la vacanza, lo zio aveva fatto un breve rientro a casa ed in occasione della sua ripartenza disse che lo stavano portando alla morte. Questo suo sparire nel nulla, l’avrebbe letto come una sorta di rinnegazione nei confronti di quella famiglia che lo aveva portato in quel luogo.
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Di parere contrario era, invece, la sorellastra Maria. Per la donna non era possibile che un bambino potesse essere in grado di nascondersi per anni senza dare più notizie di sé. Per lei Luciano sarebbe stato vittima di una disgrazia. Nessuna fuga, in seminario stava bene – disse-, nessuna violenza.