Mario Biondo. Il giallo che riguarda la morte del giovane cameraman palermitano è segnato da una svolta clamorosa nelle indagini. La scoperta incredibile dei consulenti dell’Emme Team
Era il 30 Maggio 2013 quando il corpo di Mario Biondo venne ritrovato privo di vita a Madrid, undici mesi dopo le sue nozze. La procura spagnola liquidò il caso velocemente, archiviandolo come un suicidio. Secondo loro il cameraman si era impiccato volontariamente con un foulard a una libreria.
Di diverso avviso i genitori del ragazzo, Santina D’Alessandro e Giuseppe Biondo, e i due fratelli, Emanuele e Andrea. La Procura di Palermo ha aperto un fascicolo sul caso. Non ha mai convinto troppo la figura misteriosa della moglie, la showgirl Raquel Sánchez-Silva, che avrebbe cambiato e ritrattato opinione numerose volte.
Arriva adesso una scoperta sul caso che segna una svolta nelle indagini.
Mario Biondo: la scoperta dei consulenti Emme Team che mette tutto in discussione
I consulenti della società Emme Team, un’azienda di tecnici italo americani incaricati direttamente dalla famiglia di Mario Biondo, un mese fa hanno individuato una persona che si trovava nei pressi dell’abitazione del giovane al momento della sua morte, la quale aveva accesso ai suoi dispositivi elettronici.
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Adesso ci troviamo di fronte all’ennesimo colpo di scena. A quanto pare, ci sarebbe un secondo individuo il cui cellulare risultava collegato al Wi-Fi di casa Biondo. Come dichiarato dalla stessa società che ha compiuto le indagini, si evince che le conclusioni a cui era giunta la procura di Palermo risultavano “totalmente incompatibili con gli allegati e le copie forensi dei dispositivi, specialmente dopo aver recuperato le attività internet dei profili social di Mario Biondo, su Facebook e Twitter”.
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I genitori di Mario Biondo non hanno mai creduto all’ipotesi del suicidio. Il cameraman, 31 anni, non aveva mai dato segni di soffrire di depressione e di voler concludere la propria esistenza in una così tragica maniera. Gli investigatori di Emme Team hanno dunque portato alla luce il fatto che ci fossero almeno due persone coinvolte in quell’infausta notte, presenti nelle immediate vicinanze dell’appartamento o addirittura al suo interno.
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Uno dei consulenti ha concluso: “Si possono iniziare quelle azioni peritali che speriamo portino finalmente giustizia, dopo 8 anni di lotta per la verità, condotta dai suoi genitori”.